Il Manchester United si avvia a concludere la stagione più tormentata dall’inizio degli anni Novanta con la clamorosa defenestrazione di David Moyes, l’uomo designato da Sir Alex Ferguson per raccogliere la sua pesantissima eredità, e l’interim di Ryan Giggs. Il campo dice che lo score del tecnico uscente dell’Old Trafford è stato di 11 sconfitte su 34 partite: troppo per il club vincitore della Premier League della seconda stella, che lo ha licenziato non senza un giallo a Wall Street, la Borsa dove vengono scambiati i titoli dei Red Devils. Ma le analisi dei conti raccontano anche un’altra realtà: di una squadra che ha poco da invidiare a tutte le altre big mondiali. E c’è anche spazio per una difesa del tecnico licenziato, che forse avrebbe potuto fare di più ma non certo competere con i top club britannici quali Manchester City e Chelsea, oltre che la sorpresa Liverpool.
United: macchina da soldi senza uguali
L’analisi parte proprio dalla solidità del conto economico del Manchester. Fuori dal campo, infatti, nell’ultimo trimestre pubblicato dal club inglese (chiuso il 31 dicembre scorso) i ricavi da sponsorship sono cresciuti del 39%. Gli incassi da biglietteria nei giorni dei match e le vendite legate alle partite (quindi servizi ed esercizi commerciali dello stadio) non hanno eguali al mondo, secondo Deloitte. Per Dave Chattaway, analista della londinese Brand Finance sentito dall’agenzia finanziaria americana Bloomberg, “è un momento inquietante per la squadra, ma non stiamo assistendo a un club le cui vendite sono sul ciglio di un dirupo”.
Gli analisti consigliano l’acquisto del titolo, ma è giallo su Twitter
Gli analisti riconoscono ai Glazer, che hanno caricato il Manchester di debiti quando l’hanno acquistato (356 milioni di sterline alla fine di dicembre, 600 milioni spesi in interessi e costi dei finanziamenti dall’acquisizione del 2005 che hanno pesato come un macigno sulla possibilità di rafforzare la rosa), la bravura nell’usare il “bisturi invece dell’accetta” per espandere il bacino commerciale, con l’apertura di uffici marketing da Londra a Hong Kong. Alcuni dei più recenti sponsor nel portafoglio di 35 società dello United – l’azienda alimentare Sudcoreana Ottogi Corp. e la pasticceria thailandese European Food Public Co. – sono stati annunciati questo mese. Sempre nell’ultimo trimestre censito, dicono i numeri, gli utili del club hanno sfiorato i 20 milioni di sterline, in crescita sul 2012, raggranellando quanto in un anno mettono insieme Real Madrid e Barcellona. “E’ un business molto solido”, spiega il direttore dell’agenzia di sponsorizzazione londinese Synergy, Dominic Curran. Randal Konik, analista di Jefferies Group, ha annunciato che anche dopo la dipartita di Moyes avrebbe mantenuto il suo giudizio “buy” (consiglio d’acquisto) sul titolo del Man United, con un prezzo obiettivo di 21 dollari. La giornata di contrattazioni successiva alla notizia dell’esonero è stata comunque pessima, con un calo di quasi 5 punti percentuali a 17,85 dollari. Ma il giorno stesso, il titolo aveva aggiunto il 6 per cento (209 milioni di dollari di capitalizzazione in più).
Un anno di titolo Manchester United
Proprio su questo boom si è concentrata l’attenzione degli sceriffi di Wall Street, che puntano il dito contro la scelta di dare la notizia dell’esonero di Moyes via Twitter, prima dell’apertura dei mercati. Comunicazione insolita per un club quotato e che dovrebbe rispettare i parametri di comunicazione richiesti dalla trasparenza del mercato.
Il problema dei ricavi da Champions League e le glorie del passato
Quanto detto fin qui potrebbe delineare un quadro positivo, quasi entusiasmante, ma basato sulle glorie del passato. Un problema per il prossimo anno sarà sicuramente dato dall’assenza di competizioni europee: il Manchester è settimo in Premier e nel prossimo esercizio verranno a mancare i 35,6 milioni di euro garantiti dalla Uefa lo scorso anno. Anche le vendite di biglietti e il merchandising legato alle partite casalinghe europee non entreranno a bilancio, intaccando quel monte complessivo di 127,3 milioni di euro registrato la scorsa stagione. E i prossimi contratti da sponsorship potrebbero risentire dell’assenza dal principale palcoscenico internazionale. Secondo alcuni analisti, un test fondamentale sarà dato dal rinnovo del contratto con la Nike: un deal tecnico che dura da 13 anni e vale oltre 300 milioni di sterline, destinato a terminare il prossimo anno. Dal club si punta ad aumentarne il valore, ma il peso in campo è decisamente diminuito dopo gli ultimi fallimenti tecnici.
Il problema sono i Money, non Moyes
Insomma, nonostante tutto potrebbe non essere peregrina l’idea rilanciata dal Financial Times, secondo il quale non Moyes, ma “Money”, i soldi, sono alla base dei problemi dello United. A una fredda analisi economica, Moyes ha ereditato i problemi strutturali lasciati da Ferguson, che negli ultimi fuochi della sua esperienza non ha più badato tanto al rinnovo della squadra, suo storico punto di forza. Secondo alcune analisi, c’è una semplice equazione che collega i successi dei club al loro monte ingaggi dei calciatori: in Inghilterra e Italia la corrispondenza è al 90%. Per il quotidiano della City, la posizione di classifica naturale di questa squadra sarebbe il terzo posto. Meglio di quanto fatto da Moyes, ma non abbastanza da giustificare gli isterismi visti a Manchester e la prematura dipartita del tecnico.
In collaborazione con Calcio & Finanza