Un mese fa il governo del socialdemocratico di Stefan Loefven era caduto sulla proposta di bilancio, a soli tre mesi dalle elezioni. La finanziaria che rafforzava la tradizionale politica dell’accoglienza attuata dal paese scandinavo era stata bocciata dai Democratici Svedesi, partito di estrema destra uscito dall’ultima tornata elettorale con il 13% dei consensi ma che secondo un sondaggio dell’Istituto Novus ad oggi raccoglierebbe tra il 17-20% delle preferenze.
Quindi, il pericolo insito nelle elezioni anticipate, a cui la Svezia non ricorre dal 1958, è stato scongiurato dal varo di una Grosse Koalition in cui oltre a Socialdemocratici e Verdi sono presenti 4 partiti di centro-destra. Tuttavia, dopo l’escalation di attentati contro le moschee di queste settimane, si teme che a essere in crisi sia il modello della democrazia svedese in toto.
Gli attentati
Secondo la rivista Expo, in Svezia, si è verificato un attentato di matrice islamofoba al mese a partire dallo scorso Gennaio. D’altra parte si era trattato solo di atti vandalici (finestre rotte, svastiche dipinte sui muri dei luoghi di culto) almeno fino al 25 dicembre, fino all’attentato alla moschea di Eskilsuna, città a 90 chilometri da Stoccolma.
In quell’occasione un ordigno, una bomba molotov, lanciato all’interno della moschea attraverso una finestra, posta al pianterreno di un condominio, aveva generato un incendio che solo per fortuna non ha determinato una strage. Secondo le ricostruzioni della polizia delle 15-20 persone presenti al momento dell’attentato solo 5 sono rimaste intossicate o ustionate. Il 31 dicembre un altro attentato, stavolta nel sud della Svezia, a Eslov, è stato condotto facendo penetrare del liquido infiammabile in locali predisposti a luogo di culto, anche in questo caso non ci sono state vittime.
La paura
La popolazione musulmana svedese, composta da immigrati o da discendenti di immigrati per lo più da Bosnia ed Erzegovina, Turchia, Iraq, Iran, Somalia e Libano, conta circa il 4% della popolazione, ovvero 400mila fedeli. Fino a qualche mese la Svezia non conosceva l’intolleranza come problema politico, da quando le porte del Parlamento si sono aperte ai Democratici Svedesi, lo scorso settembre, l’odio per la comunità musulmana si è fuso con l’astio nei confronti degli immigrati.
Tuttavia, sembra che sia il paese sia diviso in due tronconi: da una parte chi sostiene le tradizionali politiche di accoglienza, fronte che si raccoglie intorno ai Socialdemocratici, dall’altra chi chiede un cambiamento nella gestione dei flussi migratori.
I Democratici Svedesi, dichiaratamente xenofobi, chiedono di tagliare il 90% dei visti concessi ai richiedenti asilo ma anche i Cristiano Democratici sono impegnati nella promozione di un “giro di vite” sull’immigrazione. Dal partito di Goran Hagglund si reclamano norme meno permissive per alleggerire il bilancio dello stato, limitando gli aiuti finanziari, e spingere a fare richiesta d’asilo in altri paesi, rendendo lo status temporaneo (3 anni di “prova”, prima di poterlo acquisire definitivamente).