#unlibroeunlibro ma sarà davvero #unlibropertutti?
Nei mesi scorsi l’AIE – l’associazione italiana editori – ha promosso, con Confindustria Cultura, una mastodontica campagna mediatica e lobbisticaper chiedere al Governo – nonostante l’opposizione delle Istituzioni europee – di abbassare l’Iva sugli ebook al 4%, equiparandola così a quella che già scontano i libri di carta.
“Un libro è un libro” è stato il claim della campagna, un modo semplice, efficace ed incisivo per sottolineare quanto fosse ingiustificato continuare a pretendere sui libri digitali il pagamento dell’IVA in misura più di cinque volte superiore a quella prevista per i libri di carta.
Si è trattato di una campagna sacrosanta, come sacrosanta è stata la mobilitazione delle decine di migliaia di lettori italiani che si sono uniti agli editori, partecipando alla campagna, facendo sentire la loro voce al Governo e mettendoci letteralmente la faccia, inviando all’AIE e condividendo su twitter le proprie fotografie con il pollice verso così come richiesto dai registi dell’operazione di comunicazione.
E, egualmente, sacrosanta è stata la decisione del Governo di ignorare gli altolà che sono arrivati dall’Europa, raccogliendo la richiesta di editori e lettori ed abbassando, con la legge di stabilità varata a fine dicembre, effettivamente l’IVA al 4% anche per gli ebook.
Non è stata una decisione facile ed è assai probabile – per non dire certo – che l’Unione europea non resterà a guardare ed avvierà, contro il nostro Paese, una procedura di infrazione, contestando al Governo di aver illegittimamente garantito agli editori italiani degli aiuti di Stato.
All’indomani dell’approvazione della Legge, l’associazione degli editori, per bocca del suo Presidente Marco Polillo, ha salutato il risultato come una “vittoria epica”, “un successo per chi legge, per chi non lo fa e potrà scegliere la modalità di lettura, una vittoria del buon senso prima di ogni altra cosa”.
Come dire che la scelta coraggiosa del Governo di aderire alla richiesta degli editori ed abbassare al 4% l’iva anche sugli ebook, avrebbe prodotto un beneficio importante ed immediato per i lettori e, in generale, per la circolazione della cultura.
Parole che sono state, naturalmente, lette dai più nel modo più ovvio possibile ovvero come la ferma e naturale dichiarazione della volontà degli editori di condividere con i lettori il vantaggio fiscale ottenuto, abbassando i prezzi degli ebook e rendendoli così accessibili ad un più vasto pubblico.
Non c’è dubbio, d’altra parte, che è stata questa legittima aspettativa a determinare decine di migliaia di lettori ad aderire alla campagna lanciata dagli editori alla quale mai avrebbero aderito se avessero ipotizzato che l’unica conseguenza sarebbe stata un arricchimento degli editori ovvero l’aumento dei loro margini di profitto.
Una bella inchiesta, dei giorni scorsi, di Gianfranco Giardina su DDay racconta, invece, che gli editori di libri sembrerebbero, almeno sin qui, essersi ben guardati dal condividere i benefici effetti dell’abbassamento dell’IVA con i propri lettori, preferendo – con inusitata ingordigia – lasciare invariati i prezzi e, dunque, limitarsi a guadagnare di più sulla vendita di ogni ebook.
La legge di stabilità è appena entrata in vigore e, quindi, c’è ancora tempo per sperare che si tratti solo di un ritardo – per quanto antipatico – nell’aggiornamento dei listini.
Guai però a dubitare che se non si trattasse di un semplice “ritardo” ma della decisione di tenere davvero, tutto per sé, il vantaggio derivante dall’abbassamento dell’IVA sui libri elettronici, ci si troverebbe davanti ad un fatto di straordinaria gravità sotto tanti, diversi, punti di vista, difficili da mettere in fila.
Tanto per cominciare, se gli imprenditori del mondo dei libri tenessero davvero tutto per loro il vantaggio economico derivante dalla riduzione dell’IVA, la condanna dell’Italia nell’ambito della probabile procedura di infrazione per aiuti di Stato diverrebbe quasi certa e, con essa, l’obbligo degli editori di restituire fino all’ultimo cents quanto guadagnato in più grazie alla nuova legge.
Sarebbe, infatti, pressoché impossibile per il Governo, difendere la decisione con la giustificazione di aver voluto promuovere la diffusione della cultura, in formato digitale in un Paese notoriamente digital diviso e che sconta un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei in termini di attuazione dell’agenda digitale.
Gli editori, pertanto, avrebbero assunto una decisione enormemente miope e si starebbero incuneando in un cul de sac dal quale difficilmente riuscirebbero a venir fuori.
Ma a prescindere da ogni considerazione di diritto, se davvero gli editori stessero pensando di tenersi ingordamente tutto per loro il vantaggio acquisito grazie alla decisione del Governo di abbassare l’IVA sugli ebook, si tratterebbe comunque di una decisione miope, difficilmente giustificabile e destinata a ritorcersi contro di loro.
Ancora una volta, infatti, gli editori dimostrerebbero di non capire che, specie nell’era di internet e del digitale, il rapporto tra editore e lettore è sacro e non ci si può permettere il lusso di lederlo, comprometterlo e farne carne da macello come, evidentemente, accadrebbe se dopo aver chiesto ai lettori di scendere in campo al loro fianco per chiedere al Governo di abbassare l’IVA, gli editori tenessero, effettivamente, tutti per loro i vantaggi.
I lettori non glielo perdonerebbero e non c’è niente di più difficile da riparare, nell’era del web 2.0, che la perdita di reputazione e la lesione della fiducia tra chi vende e chi compra.
Ma non basta perché, non abbassando i prezzi sugli ebook, gli editori continuerebbero, inesorabilmente, a ritardare il “pensionamento”, ormai imminente, della carta, nella falsa illusione di riuscire, così facendo, a spingere i lettori a sfogliare le pagine di un libro anziché vederle scorrere su un tablet.
Ma – e sarebbe grave se gli editori non lo avessero ancora capito – i consumatori di cultura, nell’era dell’accesso, non sono una mandria di buoi che può essere guidata verso una destinazione stabilita da altri, semplicemente innalzando staccionate a destra e a sinistra.
Il consumo di cultura, nel mondo dei bit, è liquido ed ingovernabile: il consumatore rivendica il diritto a scegliere in autonomia dove, quando e come consumare un contenuto digitale e si ribella – ove necessario anche attraverso azioni di disobbedienza più o meno civile – a chiunque provi ad imporre una regola diversa.
Siamo solo all’inizio dell’anno ed ad una manciata di giorni dall’entrata in vigore della nuova legge e non resta, pertanto, che sperare che il 2015, porti consiglio agli editori e gli impedisca di cedere a tanta miope ingordigia.