Dovrebbe aggirarsi sui 3 miliardi di euro il gettito ipotizzato dal Tesoro grazie all’aumento dal 20% al 26% dell’aliquota sulle rendite finanziarie. Non solo: interessati all’aumento anche “i dividendi staccati successivamente, le plusvalenze di azioni e fondi, gli interessi su conti correnti e depositi postali”, come sottolinea Tgcom.
L’obiettivo è far cassa in tutti i modi possibili. Lotta all’evasione anzitutto: 15 miliardi nel 2015. Almeno così è prospettato nel testo del Dl Irpef. Tagli alla spesa ministeriale: 240 milioni di euro in meno. Anche il taglio dei contratti per beni e servizi del 5% potranno essere effettuati dalle amministrazioni pubbliche. Queste potranno anche rinegoziare i contratti considerati eccessivamente onerosi. Al contempo è mantenuta la possibilità di recedere i contratti entro 30 giorni, senza pagamento di penali.
Chiude il balletto dei conti il Ministro dell’Economia e Finanze Pier Carlo Padoan, che prevede influenze positive sui conti pubblici grazie al taglio dell’Irpef, corrispondente ai celeberrimi 80 euro netti al mese per le famiglie più povere: “il bonus di 80 euro avrà ripercussioni positive sul Pil in quanto le famiglie potranno spendere di più e le imprese saranno stimolate a investire e, di conseguenza, a creare maggiore lavoro”.
La smentita di Palazzo Chigi – In serata arriva la smentita di Palazzo Chigi. “Nel dl Irpef non spunta nessuna nuova tassa, nè ovviamente alcun prelievo sui conti correnti”. “C’è il semplice adeguamento previsto dall’annuncio del 12 marzo, della tassazione sulle rendite finanziarie alla media Ue con il passaggio dal 20 al 26 per cento”.
Daniele Errera