Da Parigi – Dalla tortura potenzialmente “utile” alla riscoperta della pena di morte, antico cavallo di battaglia di suo padre. Marine Le Pen, leader del partito populista francese Front National, nel corso di un intervento al canale tv pubblico France2 (poi ribadito attraverso un tweet) ha caldeggiato un “referendum sulla pena capitale da proporre ai francesi”.
L’occasione per la boutade della Le Pen, che segue le controverse frasi sull’utilizzo della tortura in chiave anti-terrorismo, non poteva che essere il terribile attentato alla sede parigina del settimanale satirico Charlie Hebdo, con un bilancio di 12 morti tra cui quattro storici vignettisti della rivista che, come riconosciuto dalla stessa Marine Le Pen, “Si opponevano per principio alla cultura politica del Front National”.
I fantasmi del FN
L’auspicio della rampolla populista ha riproposto vecchi “fantasmi” frontisti ma anche riaperto spaccature già esistenti in seno al partito. Mentre deputato europeo si inserisce nel solco della tradizione del Front National sul tema (allineandosi sulle posizioni del presidente onorario Jean-Marie Le Pen), altri esponenti di rilievo del movimento “Bleu Marine” ne approfittano per rimarcare la loro personale distanza dal retaggio politico FN.
Il numero 2 della Le Pen, quel Florian Philippot protagonista di un coming-out “forzoso” (per via delle foto di lui e del suo compagno apparse sul magazine scandalistico Closer), ha dichiarato alla tv all-news iTélé di preferire la “piena ed effettiva applicazione dell’ergastolo” da applicare a reati di gravità assoluta come il terrorismo.
La posizione di Philippot, elemento più in vista della nuova generazione del Front National e regista della comunicazione lepenista post-Dédiabolisation, si aggiunge a quella espressa già nel 2012 dal deputato della Vaucluse Marion Maréchal Le Pen, nipote di Marine e Jean-Marie.
Il giovanissimo membro dell’Assemblea Nazionale (capace di battere proprio Philippot alle ultime elezioni interne per la guida del comitato centrale del partito) disse allora che “La reintroduzione della pena di morte comporterebbe una scelta troppo difficile per i magistrati, senza contare la terribile eventualità dell’errore giudiziario”.
Generazione Mitterand
Il clivage tra vecchio e nuovo Front National si ripropone dunque su questo terreno, oggetto nel 1981 di uno dei primi atti dell’allora Presidente della Repubblica (appena eletto) François Mitterand: il compianto leader socialista firmò infatti, nell’ottobre del primo anno all’Eliseo, la legge che aboliva la pena di morte dal codice penale francese.
Non è un caso che le maggiori ritrosie e reticenze nell’estrema destra siano giunte da due rappresentanti della cosiddetta “Generazione Mitterand” (arco politico-temporale con il quale si identificano i francesi nati tra il 1981 e il 1995) all’interno del Front National – con il distinguo dell’ex capo dei giovani del Front National Julien Rochedy, che pochi mesi fa evocò l’applicazione della pena capitale per i jihadisti francesi, combattenti dello Stato Islamico, di ritorno in patria da Siria e Iraq.
Una dicotomia intestina tanto più ulcerante se si considera che i vari Philippot, Marion Maréchal, Steve Briois e Louis Aliot fanno parte di un comitato centrale frontista a cui appartengono anche personalità come Bruno Gollnisch, ex sfidante di Marine Le Pen per la successione al vertice FN ma soprattutto uno dei 35 deputati che nel 1986 – dopo aver fatto il loro ingresso all’Assemblea Nazionale grazie al voto proporzionale – presentarono una proposta di legge per il ripristino della norma abrogata dai socialisti.
Le divisioni nel Front National hanno fatto sì che il riferimento alla pena di morte non compaia alla voce Giustizia del programma elettorale di Marine Le Pen, che avrebbe quindi espresso un’opinione a titolo personale. Tuttavia, alla luce della natura “referendaria” della sua proposta e delle disposizioni ex art.11 della Costituzione della V Repubblica, Marine Le Pen appare già proiettata al 2017 e all’eventualità di una sua clamorosa investitura alla Presidenza della Repubblica. Ovvero, l’unica istituzione depositaria della prerogativa di chiamare il popolo a esprimersi…
Niccolò Inches (Twitter: @niccolink)