Diritti d’autore: niente “privilegi” nelle liberalizzazioni
La vicenda è ormai nota ai più ma val la pena ricordarla per consentire a tutti di seguirne gli sviluppi.
Nel 2012, il Governo Monti, decideva di liberalizzare il mercato dell’intermediazione dei diritti connessi ai diritti d’autore, polverizzando il “monopolio” del Nuovo Imaie che, sino a quel momento, aveva gestito in regime di esclusiva – più di fatto che legale – la raccolta e ripartizione dei compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori ivi incluso il famoso equo compenso per copia privata del quale tanto si è tornati a discutere di recente.
Via il monopolio – di fatto o legale che fosse – e via libera al mercato, aveva scritto, forse in modo un po’ affrettato, il Governo del Professore, nel decreto legge 1/2012.
Una norma che, sin dalle prime battute era suonata più come un auspicio che come un imperativo categorico giacché vuoi per le forti resistenze del Nuovo IMAIE, comprensibilmente infastidito dalla perdita dell’esclusiva , vuoi per alcuni vistosi vuoti normativi, passare dalle parole ai fatti era apparsa subito a tutti un’impresa ardua.
In un modo o nell’altro, però, la macchina del libero mercato si è, poi, messa in moto tanto che oggi, presso il pubblico registro delle società di intermediazione dei diritti connessi abilitate ad operare sul mercato nazionale, ne sono iscritte ben otto.
Frattanto, lo scorso gennaio, è stato varato l’atteso decreto interministeriale di riordino della materia dei diritti connessi con il quale – dopo un lungo e faticoso “tira e molla” tra l’ex monopolista ed i nuovi soggetti di mercato – si sono dettate le regole che dovrebbero disciplinare il funzionamento del “nuovo” mercato.
Lo scorso 27 marzo – ma il provvedimento è stato pubblicato solo la scorsa settimana – l’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato ha però scritto l’ultima puntata di una delle liberalizzazioni recenti più faticose della storia del Paese richiamando l’attenzione del Dipartimento dell’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri sull’esigenza – perché il gioco del libero mercato sia davvero equo – di evitare che l’ex monopolista conservi qualsivoglia sorta di funzione pubblica in regime di esclusiva giacché ciò si trasformerebbe inesorabilmente in un vantaggio competitivo.
L’Authority della concorrenza, infatti, nell’esprimere un parere complessivamente favorevole sul nuovo Decreto interministeriale, scrive “Tuttavia, deve evidenziarsi il silenzio normativo su alcune attività affidate al Nuovo IMAIE dall’art. 7 d.l. 30 aprile 2010, n. 64, conv. in legge 29 giugno 2010, n. 100, con il fine, fra l’altro, di assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 93. Il riferimento è, in particolare, alla competenza sulla gestione dei compensi per gli artisti non rappresentati da alcuna collecting, nonché dei fondi destinati al sostegno della categoria. Al riguardo, deve essere rilevata la distorsione che si creerebbe qualora i compiti in parola fossero attribuiti a Nuovo IMAIE, che opererebbe in concorrenza con i nuovi operatori sul mercato dell’intermediazione, pur essendo titolare in esclusiva di attribuzioni conferite per via legislativa.”.
Impossibile essere più chiari.
Se a valle di un processo di liberalizzazione si lasciano affidate all’ex monopolista, in regime di esclusiva legale, funzioni idonea ad attribuirgli un “privilegio” di mercato si falsa inesorabilmente la concorrenza e si impedisce al nuovo mercato di funzionare per davvero.
Ed infatti, l’AGCM scrive alla Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Esclusa la possibilità che tale attività sia esercitata da Nuovo Imaie, si rimette all’amministrazione la scelta tra le possibili soluzioni alternative, tra cui si possono ipotizzare l’attribuzione di tali compiti alle amministrazioni ministeriali competenti in tema di diritti connessi, l’attribuzione ad un soggetto terzo o l’attribuzione di compiti specifici in capo a tutte le società di intermediazione, attraverso un meccanismo di ripartizione pro quota”.
E’ una bella gatta da pelare per la Presidenza del Consiglio dei Ministri che, probabilmente, con il varo del Decreto di riordino pensava di avere fatto tutti i suoi compiti.
Non è, invece, così secondo l’Antitrust per la quale il riordino della disciplina della materia non è, evidentemente, esaurito.
Ma il parere dell’Autorità per la concorrenza ha una doppia valenza giacché rappresenta anche un segnale forte e chiaro a chi – in Parlamento – si sta occupando della liberalizzazione del mercato dei diritti d’autore, ipotizzando lo smantellamento dell’anacronistico monopolio della SIAE.
E’, infatti, evidente – al contrario di quanto sin qui ipotizzato da taluni – che se quel processo di liberalizzazione verrà completato, la SIAE dovrà essere completamente privata di qualsivoglia funzione pubblicistica giacché non farlo, proprio come nel caso del nascendo mercato dei diritti connessi, significherebbe ritardare o impedire lo sviluppo di un libero mercato, garantendo, proprio all’ex monopolista, un vantaggio competitivo incompatibile con le finalità della liberalizzazione.