Miguel Gotor, professore di Storia moderna all’Università di Torino e senatore per l’Umbria del Partito Democratico, è stato intervistato da Linkiesta ed ha chiarito molte delle posizioni di quella minoranza “bersaniana” del partito che sta cercando di cambiare alcuni punti della nuova riforma elettorale, l’Italicum, e di quella del Senato. Gotor non ha risparmiato critiche sul “duopolio” Renzi-Berlusconi, né polemiche sul fatto che i due abbiano stretto un accordo che li porterà alla delicata scelta del prossimo presidente della Repubblica.
Per la precisione, è di una “società” che parla il senatore, suggellata dal Patto del Nazareno. Comunque – ben prima dell’elezione del capo dello Stato – ci sono altre importanti questioni che una parte del Pd tiene ad affrontare: riguardo l’Italicum infatti Gotor avverte che, allo stato attuale della legge, «oltre il 60 per cento dei deputati rischia di essere nominato», mettendo al centro della sua critica i capolista bloccati e le pluricandidature, definiti «trucchi da professionisti della politica, inseriti per aumentare il controllo su chi entrerà nel prossimo Parlamento». Infatti proprio lo stesso senatore democratico, insieme ad un’altra trentina di colleghi, ha depositato diversi emendamenti per superare questi aspetti della nuova legge prossima all’approvazione. «Partiamo dal presupposto che il Parlamento serve a fare le leggi e i parlamentari devono impegnarsi a farle nel modo migliore possibile. E che la legge elettorale, essendo fondamentale per definire i caratteri e gli equilibri di una democrazia, è una materia di specifica pertinenza parlamentare», ha affermato Gotor riferendosi esplicitamente alle continue intromissioni del Governo sulle riforme.
Quando gli viene chiesto il suo giudizio sull’Italicum, Gotor non dimentica di sottolinearne gli aspetti positivi, come l’aumento della soglia per il ballottaggio dal 37 al 40 per cento, a tutto beneficio della governabilità, o l’unificazione delle soglie d’ingresso al 3 per cento per migliorare la rappresentanza. Spiega che entrambi questi aspetti sono stati oggetto di richiesta di una parte della minoranza Pd all’indomani del voto alla Camera, la quale, per tale ragione, è stata attaccata dai «soliti Soloni del renzismo che ci avevano accusato di essere dei sabotatori e ci avevano spiegato che quell’accordo era intoccabile perché scaturito dal Patto del Nazareno».
Sempre su proposta di Gotor e di quella stessa minoranza è stata anche avanzata una proposta di emendamento per eliminare i cento capolista bloccati, poiché, allo stato attuale, l’Italicum prevede un Parlamento in cui il 60 per cento dei deputati venga nominato e il restante 40 eletto con le preferenze. Su questo punto la critica del senatore dell’Umbria è forte: « Ci tengo a precisare che il metodo delle preferenze è stato inserito dal secondo accordo tra Renzi e Berlusconi. Ma attenzione: le preferenze sono un optional nella disponibilità solo e soltanto di chi vince il premio di maggioranza. Il base ai nostri calcoli, una forza che conseguisse il 20 per cento (e quindi non un piccolo partito, come scrive qualcuno) eleggerebbe con le preferenze soltanto due deputati, oltre ai cento capolista bloccati. Questo è inaccettabile, soprattutto in considerazione del fatto che siamo impegnati in un processo di riforma del bicameralismo perfetto, che deve proseguire e realizzarsi, in base al quale avremo una sola camera politica, un solo rapporto fiduciario con il governo e un senato composto da eletti di secondo grado. Insomma, non è possibile che su 630 deputati il 60 per cento sia bloccato. Così si crea uno squilibrio istituzionale che non farà bene alla democrazia italiana perché il problema di fondo è restituire agli italiani il diritto di scegliere i propri rappresentanti per provare a ricucire lo strappo tra istituzioni e cittadini che dieci anni di Porcellum hanno certamente contribuito ad allargare». La contro-proposta di Gotor è innanzitutto di invertire le proporzioni: l’emendamento richiede infatti che ci sia un 25-30 per cento di nominati con un listino circoscrizionale e un 70-75 per cento di eletti con le preferenze.
Infine Gotor parla di pluricandidature e del successore di Napolitano. Sul primo punto è già stato presentato un emendamento a firma di Maria Cecilia Guerra, il quale ne richiede la limitazione da dieci a tre. Sostiene il senatore: «Non è possibile che l’uso e l’abuso delle pluricandidature, universalmente considerato un malcostume, un ulteriore metodo per controllare indirettamente chi entra in Parlamento, venga addirittura presentato come un elemento di virtù del sistema. Guardi, il combinato disposto tra pluricandidature e capolista bloccato produce un incrocio unico in Europa tra monarchia e feudalesimo». Per quanto riguarda invece l’elezione del Presidente della Repubblica il senatore ritiene che ci sia la necessità di scegliere «Una figura, non una figurina. Meglio autorevole che nuova», che abbia competenze specifiche in economia per rassicurare i mercati e l’Europa e che abbia una buona cultura riformatrice per far ben proseguire questo processo di rinnovamento istituzionale. Sulla convinzione di Renzi che il nuovo Napolitano riuscirà ad essere eletto già al quarto scrutinio, quando sarà necessaria la maggioranza assoluta, Gotor ha così commentato: «Renzi ha un accordo di ferro con Berlusconi e i voti necessari per eleggere il Capo dello Stato usciranno da quell’intesa, verosimilmente dal quarto scrutinio in poi. Io sono tra quanti ritengono che il patto del Nazareno contempli anche la scelta del presidente della Repubblica. Del resto il premier è entrato in società con Berlusconi. E quando due si mettono in società, di solito la prima cosa che fanno è scegliere il nome del presidente».