Il procuratore Alberto Nisman accusa la Presidentessa Kirchner e altri funzionari governativi: avrebbero cercato di insabbiare le indagini su un sanguinoso attentato a una società ebraica nel 1994. Il depistaggio sarebbe stato organizzato per migliorare le relazioni tra Argentina e Iran.
L’attentato del 1994
Il procuratore federale Alberto Nisman indaga da 10 anni sull’attentato che colpì l’Asociacion Mutual Israelita Argentina (Amia) il 18 Luglio 1994. Quel giorno un’autobomba uccise 85 persone e circa 200 rimasero ferite.
Nel 2006 venne spiccato un mandato di cattura contro 6 importanti personalità iraniane e libanesi tra i quali, oltre al membro dell’ambasciata a Buenos Aires Mohsen Rabbani, anche Ahmad Vahidi, ex ministro della Difesa iraniano, Ali Fallahijan, ex ministro dell’informazione di Teheran, e Mohsen Rezaei, ex comandante della guarda rivoluzionaria della Repubblica islamica. Nel 2007 l’Interpol aumentò il livello di priorità dell’arresto.
L’indagine sembrava a un punto di svolta ma Cristina Kirchner, alla fine del 2013, annunciò che Argentina e Iran avrebbero collaborato all’interno di una commissione d’inchiesta sulla strage. Le associazioni ebraiche protestarono temendo che l’accordo tra i due paesi avrebbe disinnescato il mandato di cattura internazionale. Secondo Nisman l’istituzione della commissione d’inchiesta non fu l’inizio ma “il culmine di un’iniziativa criminale cominciata 2 anni prima”.
Immunità e petrolio
Secondo il procuratore Nisman la presidentessa Kirchner avrebbe chiesto a Hector Timerman, suo ministro degli Esteri, di procurare alle personalità iraniane coinvolte nell’attentato una sorta di immunità diplomatica. La Commissione – non è stata mai istituita per disposizione di una corte federale – avrebbe dovuto sviare le indagini e “allontanare” i sospettati dal luogo della strage.
Secondo il magistrato, l’obiettivo della Kirchner era quello di migliorare le relazioni con la Repubblica Islamica in modo da assicurarsi un rifornimento di petrolio a prezzi vantaggiosi, necessario ad alleviare la grave crisi energetica in cui versava l’Argentina. L’accusa è basata su diverse intercettazioni telefoniche con protagonisti Timerman e altri funzionari governativi molto vicini a Cristina Kirchner che, invece, non è stata intercettata.