Toto Quirinale, parla la sinistra: Macaluso, D’Attorre e Violante
Tre esponenti politici del centrosinistra di ieri e di oggi. Tre diverse generazioni a confronto alla vigilia di uno dei momenti topici dell’intera legislatura, vale a dire l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Vediamo che ne pensano Emanuele Macaluso, storico esponente del Pci e amico personale di Napolitano, Luciano Violante, big ai tempi del Pds, e l’esponente della minoranza Pd Alfredo D’Attorre.
Macaluso: “Presidente di alto profilo”
“Sento dire che il prossimo Presidente dev’essere uno che non deve fare ombra a Renzi adesso e ai futuri premier dopo, ma è un ragionamento sbagliato. Abbiamo bisogno di un Presidente che sappia rappresentare al meglio il Paese“. A dirlo è il senatore Emanuele Macaluso, storico amico di Giorgio Napolitano, intervistato dal Messaggero. “L’Italia ha bisogno di una guida autorevole – osserva – I poteri del nostro Presidente non sono da notaio, sono superiori e più estesi di un presidente tedesco o di altri Paesi dove c’è la monarchia, il Presidente italiano ha poteri tali che lo pongono in rapporto diretto con importanti personalità e istituzioni. In poche parole: il prossimo capo dello Stato dev’essere fortemente europeista, deve avere grande autorità, deve avere credibilità”.
E su Napolitano commenta: “Ha teso a garantire la governabilità. Sempre. È sempre stato refrattario agli scioglimenti anticipati continui. Il Pd fece le primarie, vinse Renzi, e poi al loro interno decisero di liquidare Letta, il Presidente ne ha solo preso atto. Poi, certo, sono venute le riforme, e Napolitano che ne è stato sempre fautore non poteva che apprezzare e favorire”. Macaluso sottolinea poi come il prossimo capo dello Stato “deve salvaguardare tutto questo patrimonio presente nei nove anni di Napolitano. Il Pd soprattutto deve farne tesoro. A loro spetta fare il nome, sondare gli altri, per convergere su un Presidente con quelle caratteristiche”.
Violante: “Nome sia condiviso”
“Non sappiamo se l’intesa già esiste e le dichiarazioni pubbliche siano soltanto cortine fumogene; oppure se ci sono lavori in corso”. Intervistato dal Corriere della Sera, l’ex presidente della Camera Luciano Violante risponde così sull’ipotesi di accordi sul Colle. In merito a possibili intese segrete, l’esponente del Pd osserva che “in tutte le condizioni politicamente delicate si manifesta una divaricazione fra mezzi di comunicazione e verità. Potrebbero essere in corso procedure d’intesa non note”.
Violante si sofferma anche sull’eventualità di un nome condiviso: “Oggi, fra deputati e rappresentanti regionali, la maggioranza ha una forza numerica che non ebbe neppure De Gasperi nel ’48. La condivisione è sempre auspicabile. Però non è significativa di per sè”. Riflette poi sulla possibilità di franchi tiratori: “Chi dirige i gruppi e i partiti deve coinvolgere tutti i propri elettori: deve consultare, costruire consenso e meritarlo. I dirigenti devono parlare con tutti, responsabilizzare ciascun parlamentare personalmente. È una banalità infantile pensare che il consenso si imponga. Chi crede che basta affidarsi a un ordine gerarchico corre gravi rischi nel voto segreto”.
D’Attorre: “Nome favorevole al Nazareno sarebbe devastante”
Molto più politica l’opinione del bersaniano Alfredo D’Attorre. “Ci aspettiamo che oggi il segretario Renzi apra un confronto vero, non finto, sulle scelte da fare per arrivare alla nomina del capo dello Stato. Se dovesse emergere, invece, una strada su un accordo interamente riconducibile al Patto del Nazareno, le conseguenze sarebbero devastanti. E non solo per il Pd, ma per tutto il Parlamento”.
D’Attorre esplora le possibili conseguenze nel caso che il premier volesse mandare al Colle un uomo gradito a Silvio Berlusconi: “Non credo che la questione del Quirinale possa essere trasformata in una guerra interna, in questo caso è chiaro a tutti che c’è bisogno di una larga maggioranza e di un’unità molto forte del partito. Ma per ottenerla, Renzi deve discutere del metodo, poi della rosa dei nomi”. E sottolinea: “Se ci fosse l’accordo interno su un nome da offrire anche alle altre forze politiche, non vedo perchè arrivare alla quarta votazione. Parlare sin da subito della quarta votazione come di quella utile fa crescere il sospetto che si voglia portare al Colle un nome che può essere votato con un accordo tra una parte del Pd e di Forza Italia. Un sospetto che non giova alla coesione dei democratici”.