Il caso Cofferati rischia di far esplodere il Partito democratico. Il caos delle primarie liguri si è infatti riverberato sulla fittissima agenda di governo, contribuendo a far salire la tensione alle stelle anche tra i gruppi parlamentari. Oggi è andata in scena l’ennesima puntata. In una riunione tesissima tra il premier Renzi e i senatori dem convocati per l’occasione, i toni si sono surriscaldati fin da subito. Oggetto del contendere? L’Italicum, che la minoranza minaccia di non votare se non spariranno le parziali liste bloccate.
“Alle primarie per la segreteria del Pd avevamo detto che chi vinceva avrebbe avuto la responsabilità di presentare la legge elettorale al Paese. Dopo la vittoria abbiamo presentato la legge elettorale più vicina al sindaco d’Italia. Stiamo passando da un eccesso di palude a un impegno di notevoli dimensioni. Ora siamo a un passaggio chiave”, ha detto il premier in apertura di riunione, affiancato dal ministro Maria Elena Boschi.
Poi Renzi ha bacchettato il bersaniano Miguel Gotor: “Caro Miguel, arrivando qui ti ho definito il mio nemico di fiducia. Le tue critiche sono ingiuste e ingenerose, non si può usare un gruppo minoritario come un partito nel partito“. Nel merito dell’Italicum, la proposta è la seguente: “Le richieste della minoranza sono state accolte: sulle soglie, l’alternanza di genere, le liste bloccate e dunque non ci sono spazi per soluzioni alternative rispetto alla legge che vi ho proposto. Quindi rivediamoci domani verso le 12 usando queste ore per evitare rotture. Rimandiamo l’inizio del voto a domani pomeriggio”.
Ma proprio Gotor ha ribadito la linea della minoranza sulla riforma elettorale: “No ad un parlamento di nominati. No ad un parlamento di liste bloccate. Questo era l’aspetto più deteriore del Porcellum, come hanno detto tutti i candidati alle primarie. Questo è per noi un punto dirimente sul quale non si registrano passi in avanti e dalle proiezioni fatte dal senatore Federico Fornaro, il nuovo parlamento sarebbe composto da un solo partito che elegge con le preferenze, il Pd. Tutte le altre forze politiche eleggerebbero parlamentari tutti bloccati”. In questo sistema il parlamento è “composto da nominati, mentre le preferenze sarebbero un optional dato solo alla lista che vince le elezioni”.
Nel frattempo Massimo D’Alema ha convocato una riunione della sua Fondazione Italianieuropei per discutere sulle prospettive della Fondazione stessa alla quale hanno partecipato tra gli altri Stefano Fassina, Alfredo D’Attore e Nico Stumpo.
Nessuna conta in vista della partita del Quirinale, aveva chiarito giorni fa proprio Massimo D’Alema, anche se i bersaniani Stumpo e D’Attorre, arrivando alla riunione, sostengono che “è normale che una personalità politica come D’Alema, anche se non è tra i grandi elettori, possa dire la sua” sul prossimo presidente della Repubblica.
Sul motivo della riunione, tutti i partecipanti si attengono, in ingresso, alla motivazione ufficiale. “Collaboro da molti anni – spiega D’Attorre – più a livello di ricerca con la Fondazione, l’ordine del giorno di oggi non è l’elezione del Colle. Nessun mistero anche perché nei prossimi giorni ci saranno riunioni di varie aree alla luce del sole per discutere di riforme e di Quirinale”.
Quanto alle affermazioni di Fassina per il quale le dimissioni di Cofferati peseranno sull’elezione del prossimo Capo dello Stato, per D’Attorre, in realtà, i rischi veri possono arrivare dalla chiusura di Matteo Renzi sulla legge elettorale. “Se il governo – sostiene il deputato bersaniano – è sordo alla richieste di modifica dell’Italicum si creerà una spaccatura che non è la premessa migliore per il Colle”.