Su Renzi Jovanotti ripone tutta la sua speranza. Lorenzo Jovanotti è il protagonista del numero di Vanity Fair in edicola oggi. Al centro dell’intervista al cantautore il suo ultimo album, “Lorenzo 2015 CC”, ma anche la situazione politica del nostro paese. Il disco è un inno alla speranza. La prima traccia, “Alba”, è un messaggio agli italiani: cogliere al volo la possibilità del cambiamento. Non bisogna perdere ulteriore tempo. E l’occasione da prendere al volo si traduce nel nome di Matteo Renzi. Un uomo nel quale Jovanotti ammette di credere da sempre. Dopo tutto può essere considerato un renziano della prima ora.
Jovanotti canta: “L’alba è già qua”
“C’è ancora un margine per cominciare a vivere, con gli sguardi che si incrociano a metà nello spazio della dignità: l’alba è già qua”. Così canta Jovanotti. E l’alba, come detto, potrebbe assumere i connotati dell’attuale premier Renzi. L’ex sindaco di Firenze gode da tempo della fiducia del cantautore. “Un premier che ha otto anni meno di me: figata!” ha dichiarato a Vanity Fair.
L’ombra della “manina salva Berlusconi”
Eppure su questa solida fiducia incombe l’ombra della “manina salva Berlusconi”. Un’ombra, come ammette lui stesso, che ha inquietato Jovanotti: “Non è la mia sinistra quella che pensa di poter fare quello che vuole, e il problema in Italia è proprio che il potere ti fa credere di poter fare quello che vuoi: è allora che rischi di non fare niente”. E qui un altro timore: “Non fare niente ti può garantire di rimanere lì vent’anni, e mi fa paura pensare che chiunque possa restare lì vent’anni semplicemente perché non c’è alternativa”.
Un messaggio a chi parla alla pancia dei popoli
Poi un messaggio, probabilmente a Lega, Front National e altri nazionalismi che nelle difficoltà stanno trovando sempre maggiore consenso: “Non è bello che non ci sia alternativa, ma l’alternativa non può essere la xenofobia, il far leva sulla paura, il distruggere, perché quelle non sono visioni, sono solo pulsioni”. Un chiaro monito a chi in politica parla alla pancia dei popoli.
“Finalmente nel presepe abbiamo comprato le statuine nuove”
Il momento storico che stiamo vivendo è decisivo: “C’è in atto un passaggio di consegne, una guerra di visioni del mondo, una generazione che deve cedere il passo alla giovane, e non è detto che la giovane sia migliore in assoluto, ma lo è per il fatto di portare novità”. Ed evidenzia: “Finalmente nel presepe abbiamo comprato le statuine nuove, non c’è più quel pastore che era lì da quarant’anni. Ora speriamo che cambi anche la storia”.
Il monito a Renzi: “Non deve perdere tempo”
Jovanotti lancia poi un monito al premier: “Renzi non deve perdere tempo a parlare dei ‘gufi’. Noi tutti siamo più di questa cosa qui, del ‘chi è il nemico del giorno”. E ancora: “Questa occasione non durerà in eterno. Non si può solamente dirle le cose, bisogna farle, con il coraggio di mettere in moto cambiamenti scomodi, drastici”.
La fiducia nel premier: “Credo davvero voglia cambiare le cose”
Non c’è tempo da perdere. Il messaggio è chiaro. Inutile se non addirittura deleterio perdersi nella litigiosità tipica della nostra politica: “La tifoseria fa volare basso: porta voti, ma non migliora la vita delle persone”. E fiducioso, su Renzi, dice: “La persona è intelligente e credo davvero voglia cambiare le cose”.
La fiducia nelle nuove generazioni
La speranza, motivo centrale dei testi delle canzoni presenti in “Lorenzo 2015 CC”, trova solide fondamenta nel punto di vista del cantautore: “Fortunatamente le nuove generazioni sono meno ideologiche, abboccano meno a questa logica del distruggi a prescindere, una logica cinica e vecchia”.
Già nel 2008 Jovanotti appoggiò Veltroni
Fiducia e speranza hanno da sempre accompagnato la vita e la carriera di Jovanotti. Portavoce ufficioso della sinistra italiana, già nel 2008 aveva fatto convogliare il proprio ottimismo nella fugace leadership di Walter Veltroni. La campagna elettorale di quest’ultimo venne scandita dalla canzone “Mi fido di te” scritta proprio da Jovanotti.
Un pensiero sulla strage al Charlie Hebdo
Un pensiero infine sulla strage al Charlie Hebdo: “A me quelle vignette non fanno ridere, ma difendo il diritto di pubblicarle, o di non pubblicarle, o di criticarle. Le vignette non sono la bandiera, la bandiera è la libertà”.