E’ una sentenza destinata a far discutere ed a riaprire un dibattito che, per taluni versi, nel nostro Paese sembrava chiuso affrettatamente ed in modo incompatibile con le regole dell’Unione Europea quella con la quale, lo scorso sette gennaio, la Corte d’Appello di Milano ha stabilito che Yahoo! – in relazione al suo servizio video – deve essere considerato un c.d. hosting provider e, dunque, non può essere ritenuto responsabile per i contenuti pubblicati dai suoi utenti salvo qualora ometta di rimuovere quelli specificatamente segnalatigli come illecitamente pubblicati o dal titolare dei diritti o dall’Autorità giudiziaria all’esito di un giudizio.
La decisione ribalta, in modo sostanziale, quella di primo grado con la quale il Tribunale di Milano, accogliendo le domande di Mediaset, aveva ritenuto che Yahoo! dovesse essere considerato un hosting provider attivo ovvero un fornitore di hosting particolarmente coinvolto nello sfruttamento dei contenuti pubblicati dall’utente e, come tale, non meritevole di accedere allo speciale regime di non responsabilità che la disciplina europea accorda ai cc.dd. intermediari della comunicazione.
Una posizione non condivisa dai Giudici della Corte d’Appello che, nella sostanza, scrivono che nella disciplina europea della materia non c’è spazio per ipotizzare l’esistenza dell’hosting provider attivo, curiosa forma di mutazione genetica il cui profilo pure è stato ripetutamente – e, per la verità, affrettatamente – tratteggiato nella giurisprudenza di casa nostra.
L’hosting provider attivo, semplicemente, secondo la Corte d’Appello di Milano non esisterebbe.
Basterebbe questo a giustificare la soddisfazione con la quale Marco Consonni – il legale che ha assistito Yahoo! Nella vicenda – saluta la decisione della Corte d’Appello come una Sentenza che, nella sostanza, ristabilisce l’ordine in una materia nella quale negli ultimi anni era mancato, riavvicinando l’applicazione della disciplina sulla responsabilità degli intermediari in Italia a quella che, comunemente, ne viene fatta nel resto d’Europa.
Ma i Giudici della Corte d’Appello di Milano sono andati oltre e nella loro decisione ribadiscono con parole ed espressioni inequivocabili un principio che andrebbe scolpito in modo indelebile sui banchi di tutti i Tribunali e le authority chiamate ad amministrare giustizia in materia di enforcement dei diritti di proprietà intellettuale: la tutela del diritto d’autore non è illimitata ma incontra un limite invalicabile nel necessario contemperamento con la libertà di informazione, di comunicazione – anche elettronica – e con il diritto alla privacy.
E l’esclusione di responsabilità per i contenuti prodotti, pubblicati o trasmessi dagli utenti da parte degli intermediari della comunicazione così come l’assenza di qualsivoglia obbligo generale di sorveglianza in capo a questi ultimi risponde – ed è anzi garante – proprio di tale necessario, indispensabile e prezioso contemperamento.
Impossibili da equivocare le parole dei Giudici di Milano.
“La legislazione dell’Unione Europea attualmente in vigore…esclude che vi sia un obbligo generale di vigilanza preventiva del soggetto economico che eroga il servizio di hosting provider, atteso che esso si pone in posizione di neutralità rispetto ai suoi fruitori e ai contenuti da questi caricati, in un’ottica di massimo rispetto del principio della libertà di espressione e di informazione nella rete internet”.
E, se, tanto non fosse sufficientemente chiaro, i Giudici propongono una insuperabile “prova del nove”, scrivendo: “Ove infatti si volesse imporre un sistema di controllo e di filtraggio preventivo nei servizi di hosting provider ne verrebbe pregiudicato il ruolo di Internet quale libero spazio di comunicazione e d’informazione per terzi fruitori che si basa essenzialmente sull’adozione di sistemi automatici di caricamento, non preventivamente filtrabili o controllabili, proprio a tutela del principio di libertà di espressione e di circolazione dei servizi che la direttiva europea sul commercio telematico intende tutelare nel campo della trasmissione di dati ed informazioni via internet, da considerarsi come il più aperto spazio, senza frontiere interne, per i servizi della società dell’informazione sino ad oggi concepito”.
Difficile pensare di riassumere in espressioni più efficaci il ruolo centrale – e poco conta che si tratti di un ruolo svolto non per filantropia ma a caccia di enormi profitti – svolto dagli intermediari della comunicazione nella attuazione della libertà di manifestazione del pensiero online e la funzione matematica diretta che esiste tra la contrazione della libertà di informazione e comunicazione elettronica ad ogni irrigidimento della responsabilità degli intermediari.
E’ giusto dunque – e questa è la conclusione alla quale sono pervenuti i Giudici della Corte d’Appello di Milano nel caso di specie – che la responsabilità del fornitore di hosting sia solo ed esclusivamente quella di rimuovere i contenuti eventualmente illecitamente pubblicati dagli utenti a seguito di una specifica e puntuale – ovvero completa delle relative URL – segnalazione da parte del titolare dei diritti o, all’esito di un procedimento dinanzi alla competente Autorità.
Solo così può dirsi contemperata l’esigenza di garantire il rispetto dei diritti d’autore con quella – non meno rilevante – di assicurare a tutti i cittadini dell’Unione europea la tutela della loro libertà di espressione e della loro privacy.
Ogni ampliamento della responsabilità degli intermediari della comunicazione ed ogni imposizione in capo a questi ultimi di obblighi di sorveglianza o filtraggio, comprimerebbe, in modo inaccettabile, i diritti e le libertà fondamentali di tutti gli uomini e cittadini europei.