Il toto-nomi sul Quirinale continua. Nel silenzio di Matteo Renzi, più che mai impegnato nelle trattative. “Il nostro primo obiettivo è creare l’unità del Pd sul Quirinale, perché il partito di maggioranza deve presentarsi compatto a questo appuntamento, è una questione di responsabilità” ha dichiarato il premier ai suoi fedelissimi.
“In questo momento – ha aggiunto – dobbiamo trovare una personalità che vada bene al più ampio numero di forze politiche, e innanzitutto al nostro partito, perché i voti del Pd non possono essere sostituiti da quelli di Forza Italia. E, comunque, una cosa è certa: non possiamo intestarci una sconfitta in questo frangente”.
La strategia è dunque chiara: prima di tutto il premier intende iniziare una strategia di condivisione partendo dall’interno del proprio partito. Per questo, pare imminente un incontro con il leader della minoranza dem, Pierluigi Bersani. L’unico vero interlocutore che Renzi considera tra gli oppositori interni (basti vedere il totale disinteresse del segretario rispetto alle dichiarazioni dei vari Cuperlo, Civati e Fassina). Oltre a Bersani, il presidente del Consiglio incontrerà anche Silvio Berlusconi: nei disegni renziani, infatti, Forza Italia resta determinante, sia per le riforme, sia per la partita del Quirinale.
E proprio sulla questione Colle Renzi ha le idee abbastanza chiare sul profilo da individuare: “Deve essere una figura che gli italiani sentano come rappresentativa e non deve quindi essere divisiva”. Non è il caso di Giuliano Amato, che piace al centrodestra ma molto meno all’opinione pubblica, che lo ricorda ancora come l’autore del prelievo forzoso sui conti correnti (correva l’anno 1992).
A questo punto, con l’incognita Romano Prodi sullo sfondo, prendono piede i profili di Piero Grasso e Sergio Mattarella, entrambi ritenute personalità equilibrate, non compromesse e soprattutto non invise all’opinione pubblica. Soprattutto il nome del presidente del Senato potrebbe essere quello in grado di tenere unito il Pd.