Dossier Openpolis: tutti gli uomini del Quirinale

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Interessante report, quello realizzato dal sito openpolis.it. L’associazione, come al solito impegnata nel lavoro con gli open data e le open sources, ha realizzato un dossier di 32 pagine sui 12 presidenti della Repubblica Italiana, dal 1948 al 2015. Nel corso dei quasi 70 anni di storia della Repubblica e della democrazia, il presidente della Repubblica si è caratterizzato come “il garante della Costituzione, Capo dello Stato italiano e rappresentante dell’unità nazionale. Un ruolo delicato e fondamentale, che negli ultimi anni è diventato sempre più sinonimo di stabilità politica”. Tutte funzioni contenute e previste agli articoli 59-83-84-97 della Costituzione.

Molto interessante la parte relativa al confronto con gli altri Capi di Stato europei, sia dal punto di vista delle funzioni che dal punto di vista dei requisiti per assumere la carica. Per esempio, si legge nel dossier, “Italia e Irlanda condividono il primato per mandato più lungo (7 anni), con la sola differenza che nel paese anglo-sassone l’elezione avviene per via diretta. Stesso discorso per il 50% dei paesi dell’Unione Europea dove l’elezione del Capo dello Stato è nelle mani dei cittadini, e volendo escludere dal campione le monarchie, la percentuale sale al 66%. Italia quindi un’anomalia sia per la durata del mandato, sia per il metodo di elezione”.

Sulla questione dell’età, il nostro paese con la presidenza Napolitano è, assieme alla Grecia e al Regno Unito (che però è appunto una monarchia) quello con l’età più avanzata. Netta la prevalenza, anche in Ue, di presidenti uomini: l’82,2%, contro il 17,8% delle donne. Nel corso delle varie elezioni, comunque, si è raggiunta un’età media di 73 anni: il più giovane è stato Cossiga, eletto a 57 anni nel 1985.

Stimolante capire il profilo dei 12 presidenti fin qui eletti:

“Dal 1948 a oggi si sono tenute dodici elezioni per il Presidente della Repubblica Italiana, e una sola volta il Capo dello Stato, nel caso specifico Giorgio Napolitano, è stato eletto per un secondo mandato. Sono molti gli elementi da considerare nel cercare di fare un identikit dei vari inquilini del Quirinale. Se l’età minima richiesta per essere eletti è di 50 anni, quella media al momento dell’elezione è di 73. Il dato è fortemente influenzato dalla rielezione di Giorgio Napolitano, che nel 2013 compiva ben 88 anni, Presidente più anziano della storia italiana. Sul fronte opposto, il più giovane Presidente della Repubblica è stato Francesco Cossiga, che nel 1985, anno della sua elezione, compiva 57 anni. Su 12 mandati, sono quattro le occasioni in cui un Capo dello Stato non ha portato a termine il suo settennato. Escludendo l’incarico provvisorio di Enrico De Nicola, durato solamente 131 giorni, altri tre Presidenti oltre a Giorgio Napolitano hanno presentato le proprie dimissioni. Il primo è stato Antonio Segni nel 1964 che, dopo 925 giorni di Presidenza, ha dovuto lasciare l’incarico colpito da una grave trombosi cerebrale. Quattordici anni dopo, nel 1978, nel bel mezzo del periodo nero del terrorismo in Italia, Giovanni Leone presentò le sue dimissioni con quasi un anno di anticipo dopo lo scandalo Lockheed. Ultimo in ordine di tempo, Francesco Cossiga che nel 1992, dopo la richiesta di messa in stato di accusa e il formale fallimento del pentapartito, terminò il suo mandato da Presidente con un paio di mesi di anticipo. Tutti i Presidenti della Repubblica provengono dal mondo della politica: non è mai successo infatti che una personalità senza precedenti incarichi istituzionali (parlamentare o ministro che sia) fosse eletto al Quirinale. Non sorprende quindi che la Democrazia Cristiana, partito che ha segnato gli anni della Prima Repubblica, abbia espresso più Capi di Stato, seguito dal Partito Liberale Italiano (con i primi due Presidenti De Nicola ed Einaudi), e rappresentanti indipendenti del centro sinistra (Ciampi e Napolitano)”.

Interessanti anche le percentuali con le quali sono stati eletti finora i capi di Stato:

“Ad oggi il Capo di Stato eletto con il più ampio consenso è stato Sandro Pertini nel 1978, ottenendo 832 voti sui 995 presenti e votanti (83,62%). Subito dietro di lui Gronchi nel 1955 (78,99%) e Cossiga (76,97%).In fondo alla classifica per consenso troviamo Luigi Einaudi (nel 1948 eletto con il 59,47% dei voti), la prima elezione di Giorgio Napolitano nel 2006 (54,85%), e infine Antonio Segni eletto con soli 443 voti a favore su 842 (52,61%)”.

Meritevole di citazione, infine, il paragrafo attinente ai poteri del Presidente della Repubblica:

“Può nominare Senatore a vita una persona che abbia «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Uno strumento su cui la dottrina si è spesso divisa: ogni Presidente ne può nominare un massimo di cinque o allo stesso momento ce ne possono essere massimo cinque? Al di là di queste disquisizioni tecniche, sembra evidente quanto persino questo gesto per omaggiare meriti non politici, sia diventando nel tempo uno strumento politico. Negli ultimi anni la nomina di Giorgio Napolitano da parte Ciampi nel 2005, e di Mario Monti nel 2011 sono un chiaro esempio di questo. Non sorprende neanche che dei 37 Senatori a vita nominati dal 1948 ad oggi, 16 provengano dal mondo della politica (43%). Per quanto riguarda i provvedimenti di clemenza adottati, da notare la drastica riduzione dei numeri. Degli oltre 42.000 provvedimenti presi dal 1948 ad oggi, solamente 476 sono avvenuti nella Seconda Repubblica, e solamente 23 nei due mandati Napolitano (dal 2006 ad oggi). Questo è principalmente dovuto al cambiamento nelle norme per la gestione del potere di grazia, ma anche alla legge n.663 del 10 ottobre 1986 che ha previsto numerose misure alternativa alla detenzione carceraria”.