Il Senato ha approvato la riforma della legge elettorale, il cosiddetto Italicum, con 184 voti a favore, 76 contrari e due astenuti. Diversi senatori, sia nel Pd sia in Fi, avevano annunciato la non partecipazione al voto. Così il dissidente dem Miguel Gotor aveva spiegato la sua non partecipazione al voto: “Se un partito metterà come capolista un impresentabile, che so, Gambadilegno, è vero che i cittadini potranno non votarlo, ma se quel partito vincerà il premio di maggioranza, Gambadilegno si troverà in parlamento. Nel pieno rispetto di un partito e di un gruppo cui ci onoriamo di appartenere, annunciamo a malincuore la nostra non partecipazione al voto”. Ma l’Italicum è passato lo stesso e ora tornerà alla Camera.
E due. Legge elettorale approvata anche al Senato. Il coraggio paga, le riforme vanno avanti. #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 27 Gennaio 2015
Il voto al Senato è stato festeggiato dal governo a suon di tweet. Scrive il premier Matteo Renzi “E due. Legge elettorale approvata anche al Senato. Il coraggio paga, le riforme vanno avanti”. Gli fa eco il ministro Boschi: “Sembrava impossibile qualche mese fa, eppure la legge elettorale è ok anche al Senato. È proprio #lavoltabuona”.
Sembrava impossibile qualche mese fa, eppure la legge elettorale è ok anche al Senato. È proprio #lavoltabuona
— maria elena boschi (@mariaelenabosch) 27 Gennaio 2015
Italicum 2, dal premio alla lista ai capilista bloccati: tutti le novità
La riforma della legge elettorale approvata dal Senato, e che ora passa al vaglio della Camera, configura il cosiddetto Italicum 2, il sistema frutto delle intese nate nell’ambito del Patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi ma riviste alla luce degli accordi nella maggioranza di governo in senso stretto. Ne è scaturito un modello che prevede l’abbandono del porcellum, che la Corte Costituzionale aveva bocciato con la sentenza n.1 del 2014. L’Italicum 2 prevede: liste di candidati presentate in 20 circoscrizioni elettorali suddivise nell’insieme in 100 collegi plurinominali. In ciascuna lista i candidati sono presentati in ordine alternato per sesso, i capolista dello stesso sesso non eccedono il sessanta per cento del totale in ogni circoscrizione, nessuno può essere candidato, in più collegi, neppure di altra circoscrizione, salvo i capolista nel limite di dieci collegi. Inoltre, l’elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso diverso tra quelli che non sono capolista; i seggi sono attribuiti su base nazionale con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti; accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base nazionale, almeno il tre per cento dei voti validi; sono attribuiti comunque 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale, almeno il 40 per cento dei voti validi o, in mancanza, a quella che prevale in un turno di ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti. Non sono ammessi collegamenti tra liste o apparentamenti tra i due turni di votazione.
Sono proclamati eletti, fino a concorrenza dei seggi che spettano a ciascuna lista in ogni circoscrizione, dapprima, i capolista nei collegi, quindi i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze; i collegi elettorali sono determinati dal governo con un apposito decreto legislativo. C’è, infine, la ‘clausola di salvaguardia, per cui la Camera dei deputati è eletta secondo le disposizioni dello stesso Italicum 2 a decorrere dal 1º luglio 2016. Le uniche ‘breccè al testo dell’Italicum passate in aula riguardano: l’obbligo per i partiti o i movimenti che concorrono alle elezioni di presentare, al momento del deposito delle liste, anche il proprio Statuto con le finalità e le regole interne. Una norma proposta da Ugo Sposetti (Pd) e passata con l’appoggio, a stragrande maggioranza, di tutti i gruppi a palazzo Madama. Altro emendamento approvato con ampio consenso è quello di Roberto Cociancich (Pd) che consente il voto per corrispondenza agli studenti italiani impegnati in università europee nell’ambito dei progetti Erasmus, ma anche coloro che si trovano in uno dei Paesi membri per motivi di lavoro o di cure mediche. Per tutti, il periodo minimo di permanenza all’estero per poiter votare è di tre mesi.