Imbarazzo in Arabia Saudita: Michelle Obama senza velo
Obama in visita a Riad dopo la morte di Re Abdullah: il Presidente Usa incontra il nuovo regnante Salman. Imbarazzo per Michelle Obama che viene oscurata dalla tv saudita perché senza velo.
Fretta o scelta politica?
Sui social network in lingua araba piovono critiche contro le autorità saudite: inaccettabile la disinvoltura con la quale hanno permesso a Michelle Obama, e alle altre donne dello staff presidenziale, di non portare il velo alla cerimonia di omaggio al defunto re Abdullah. In Arabia Saudita le donne non possono apparire in pubblico a capo scoperto. Giudicata inappropriata da alcuni media anche la scelta di un abito blu invece che nero, più adatto a quello che tutto sommato è stato una sorta di “funerale”.
Contestato anche l’atteggiamento del nuovo regnante e fratello di Abdullah, Salman che ha stretto la mano alla first lady americana (un gesto peccaminoso, grave e imperdonabile, per i musulmani conservatori). Da rilevare, tuttavia, che dopo averla salutata “all’occidentale” Salman non ha degnato della pur minima attenzione Michelle Obama.
La tv saudita ha provato a fermare le critiche alla casa reale oscurando l’immagine della moglie del Presidente Usa ma era troppo tardi per fermare l’ondata di messaggi critici veicolati, in particolare, attraverso due hashtag #Michelle Obama senza velo e #Ministro dà la mano alla moglie di Obama. In migliaia su Twitter si sono chiesti “perché in Indonesia sì e a Riad no?”, riferendosi al fatto che in occasione di una visita del 2010 nel paese a maggioranza musulmana, la first lady si presentò a capo coperto.
Anche un altro hashtag ha avuto successo, però, #Michelle illumina Riad. Per molti utenti arabi, Michelle Obama ha voluto mandare un messaggio chiaro alla leadership saudita considerata, per usare un eufemismo, illiberale nei confronti del sesso femminile. Dunque il suo gesto, ufficiosamente imputato alla fretta con la quale è stata organizzata la trasferta, è destinato a essere interpretato come una scelta politica.
Il controverso Abdullah
Il giorno dopo la morte di re Abdullah, il capo del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde ha ricordato come “anche se in modo discreto è stato un forte sostenitore delle donne”. La dichiarazione ha fatto discutere: le organizzazioni per i diritti umani hanno sottolineato l’irrilevanza delle sue politiche di emancipazione oltre che la sua ritrosia verso il varo di provvedimenti che garantissero la libertà di espressione, di associazione, di assemblea.
In particolare Human Rights Watch ha rilevato che “nonostante il suo ambizioso programma riformatore, i cambiamenti concreti per i cittadini sauditi siano stati molto limitati durante il suo regno”. L’osservatorio per i diritti umani ricorda comunque che Abdullah inserì nella sua squadra di governo una donna, Norah al Faiz, nominandola vicepremier con delega all’istruzione femminile. Scelse anche di inserire 30 donne nel Consiglio della Shura, un organo consultivo del suo gabinetto.
Inoltre, il defunto re investì 12,5 miliardi di dollari nell’istituzione della King Abdullah University of Science and Technology, primo ateneo saudita in cui uomini e donne hanno potuto studiare insieme. Durante il regno di Abdullah alle donne è stato concesso di votare e candidarsi in previsione delle elezioni comunali del 2015.
Tuttavia, la marginalizzazione delle donne nella società saudita permane, oltre alle rigide disposizioni in materia di abbigliamento e al divieto di guidare l’automobile: i datori di lavoro possono chiedere l’approvazione dei maschi della famiglia della donna che vogliono assumere. L’autorizzazione dei familiari uomini serve anche per autorizzare alcune procedure mediche.