È un Francesco Rutelli brioso, quello intervistato dal Corriere della Sera. L’ex ministro dei Beni Culturali e vicepremier rivendica con orgoglio il laboratorio politico che fu la Margherita (anni 2001-2007). E, a conti fatti, ha ragione: molta della classe dirigente attuale (in primis il premier Matteo Renzi) si è formata entro i petali messi insieme dall’ex sindaco di Roma per creare, nel centrosinistra, un contrappeso alla predominanza dei Ds. E proprio agli ex diessini Rutelli imputa l’errore di aver inteso il Pd semplicemente come “il quarto capitolo della loro storia (Pci-Pds-Ds)” e non come qualcosa di nuovo.
Rutelli: “Classe dirigente Margherita di grande livello”
“All’ultimo congresso della Margherita, anno 2007, Mattarella presiedeva e Renzi era un emergente – dichiara Rutelli – e poi Gentiloni, Giachetti, Lanzillotta, Franceschini, Zanda, Parisi, il portavoce di Renzi, Sensi, Maccanico, Zanone. Una riserva di classe dirigente che oggi assicura equilibrio, competenza, affidabilità. Una specie di cantera, il vivaio del Barcellona”.
L’ex candidato premier dell’Ulivo (sconfitto nel 2001 da Berlusconi), si sofferma poi sul passato politico del premier, tessendone le lodi: “Lo portavo in giro nel mondo, India, Giappone, Stati Uniti. Lo presentai a Hillary Clinton e le dissi: ‘Questo te lo ritroverai davanti, fra qualche anno…’. Da quando vinse le primarie da sindaco ha fatto tutto da solo. Il suo punto forte è che non ricerca il compromesso. Ha una determinazione che prescinde dal desiderio di rendersi simpatico. E ha saputo accantonare questa virtù nel caso del Quirinale: Mattarella non è un uomo suo, non gli risponderà da subalterno. Il limite è la volontà di non rendere la squadra di governo abbastanza ricca e polifonica”.
Un cenno, infine, anche al neo eletto presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Mattarella è apparentemente freddo, invece mite, pieno di humour. Quando si verificava un inasprimento politico, lui non rappresentava le persone più vicine, cercava un punto di incontro. Mattarella era all’apice del Partito popolare che si spacca, nel 1995: lui e Bianco vanno nel centrosinistra, Buttiglione nel centrodestra”.