Renzi l’equilibrista. Avanti tra le insofferenze di Alfano, Bersani e Berlusconi
Le spine nel fianco di Renzi e del suo esecutivo arrivano sia da destra che da sinistra. Una difficile situazione per un decisionista come il premier, il quale – qualora non volesse andare ad elezioni anticipate – dovrà imparare la tecnica dell’equilibrista, del mediatore.
E’ Renzi in persona a parlare, presso Porta a Porta. Da Vespa, infatti, il premier ha affermato come “con Alfano è finita bene, il governo va avanti fino al 2018 con Ncd dentro”, sebbene i malumori interni a Nuovo Centrodestra. Di quelli dovrà preoccuparsi il leader del partito, l’ex delfino di Berlusconi. Ma resta sempre un’iniziativa subita di continuo. Renzi è un rullo compressore e volta dopo volta vi sono nuovi decreti legge renziani. L’ultimo è quello sulle banche popolari, a breve spa. Taglia corto l’ex sindaco di Firenze: “sono pronto a mettere la fiducia. Non facciamo scherzi”, rispondendo alle repliche di Ncd.
D’altra parte, sempre nel centro destra, c’è Berlusconi. Proprio ieri l’ex Cavaliere ha affermato come “d’ora in poi diremo sì solo a ciò che ci convince”. Renzi è avvertito. Incassa, il rottamatore fiorentino. Replica alla cosiddetta ‘terza Camera’ (Porta a Porta, ndr), consapevole del fatto che nessuno l’ha mai messo all’angolo: “decidersi, dovrebbe mettere il cappello sulle riforme perché se i suoi strateghi pensano di usarle per ricattarmi con me cascano male, non mi ricattano”.
Poi c’è la spina nel fianco per eccellenza, la minoranza bersaniana. O cuperliana, stando all’ultimo congresso dem. Lo scontro si basava su alcune tesi, come la legge elettorale. Ma Renzi ha archiviato quella storia: “l’Italicum è una partita chiusa, adesso basta”. Ed inoltre una possibilità di accordo arriva direttamente dalla minoranza dem. A parlarne è Gotor, purché si riducano il numero dei deputati nominati. Si vede la luce, forse. E su Letta (Enrico, ovvio), Renzi conclude velenoso: “non c’è stato in alcun modo un tradimento di un patto. Se Letta fosse stato sereno, sarebbe rimasto lui il premier. Io gli ho detto, vai avanti fino al 2018 ma loro volevano votare nel 2015”.
Daniele Errera