E’ qualcosa che era già chiaro a molti da tempo, e oggetto di discussione e analisi, ma l’ISTAT l’ha formalizzato e ci ha illustrato in che modo avviene. L’inflazione non è uguale per tutti.
Se ne era parlato in occasione dell’ingresso nell’euro nel 2002, in cui erano stati proprio i beni di uso più frequente quelli che avevano subito un aumento spot maggiore, generando quella percezione di alta inflazione che in realtà non c’era stata. E questi beni erano e sono quelli più consumati da segmenti di popolazione con un reddito minore.
E’ infatti proprio su questo, sul reddito e sulle capacità di spesa che si basa la divisione che l’ISTAT opera.
La popolazione italiana è stata divisa in 5 segmenti in base alle capacità di spesa, dal primo gruppo più “povero” al quinto più “ricco”.
E’ chiaro che i modelli di consumo di questi segmenti sono molto diversi e visto che i prezzi dei beni non si muovono allo stesso modo, l’impatto dell’inflazione su questi consumatori pure sarà differente in base all’andamento dei prezzi di ciò che consumano maggiormente.
Evidentemente il gruppo più povero sarà più sensibile al movimento dei prezzi di beni come l’energia o gli alimentari, mentre quello più ricco all’andamento del costo della vita in altri beni più voluttuari.
Vediamo in una tabella come si sono mossi i prezzi in base ai segmenti negli ultimi tempi:
Come si vede le differenze non sono enormi, ma sono andate aumentando nel tempo, e hanno raggiunto lo 0,5%, che, visti i livelli bassissimi di inflazione o deflazione del momento, diventano rilevanti. Nell’ultimo trimestre 2014 abbiamo un +0,3% per la coorte di consumatori più ricchi e un -0,2% per quelli più poveri, infatti.
E come vediamo di seguito, non è sempre stato così, gli scarti non sono sempre stati sempre così ridotti, poichè con un’inflazione maggiore, come è facile immaginare, ci sono stati scarti maggiori, anche del 1,5%, per esempio nel 2012:
E anche in questo caso, l’inflazione maggiore era quella subita dal segmento di popolazione con minore capacità di spesa.
Inflazione: maggiore volatilità per i poveri, a causa del prezzo dell’ energia
In effetti quello che possiamo osservare è che vi è una maggiore volatilità per l’inflazione che colpisce il gruppo di popolazione più povero, nel bene e nel male, per cui ‘andamento dei prezzi cambia maggiormente e più velocemente di quanto faccia per i più ricchi. Alla luce di ciò si capisce certamente di più la percezione di una fiammata inflazionistica verificatasi nel 2002 all‘ingresso nell’euro, visto che furono proprio i beni che maggiormente pesavano sul segmento con minori capacità di spesa, gli alimentari in particolare in quel caso, che furono rincarati.
A proposito di maggiore variabilità, guardando ancora ai dati numerici, l’inflazione per il primo gruppo, quello più povero, è passata dal 1,3% del 2013 a zero, mentre quella del quinto gruppo, il più ricco, dal 1,2% allo 0,4%.
E sono stati i beni più dei servizi a comporre tale variazione, con un calo per il primo gruppo dal +1,4% al -0,4%, e all’interno di questo segmento la fa da padrona naturalmente l’energia (da +0,2% a -2,6%).
Quale il motivo di questa maggiore volatilità? In parte è stato già detto, ma lo si capisce meglio riportando che i prezzi di alimentari ed energia contano per il 50% per il gruppo con minori capacità di spesa, e il 20% per quello che ne ha maggiori.
E questi sono i beni i cui i prezzi sono più volatili.
Questa dipendenza dall’energia si vede in modo chiaro dal seguente prospetto che illustra per l’ultimo trimestre 2014 il peso dell’inflazione nei principali settori sia per il primo gruppo di consumatori, i più poveri, sia per il quinto, i più ricchi.
Come vediamo è l’energia il segmento di beni che ha i peso maggiore, per entrambi i gruppi, ma soprattutto il primo, ed è il calo degli ultimi mesi del prezzo del petrolio che porta la deflazione soprattutto per i meno ricchi.