Si è spento, a 82 anni, Vujadin Boskov. La triste notizia giunge nella prima serata di una domenica sportiva che arride ai colori blucerchiati, tornati alla vittoria contro il Chievo.
Nato nel 1931 a Begec, in Serbia, Vujadin inizia la sua carriera da calciatore nel Vojvodina, club serbo di cui veste la maglia 185 volte prima di giungere, per un’unica stagione, a Genova, sponda blucerchiata. Terminerà la propria carriera da calciatore in Svizzera, allo Young Boys, e proprio nello stesso club inizia la sua carriera da allenatore. Una carriera vagabonda, nomade, che lo porterà ad alzare a cielo parecchi trofei, partendo dalla coppa d’Olanda sulla panchina dell’ADO Den Haag nel 1975, fino alla Coppa delle Coppe del 1989-90 con la Sampdoria.
Tutto il mondo del calcio piange un professionista sempre distintosi per la semplice freddezza delle proprie dichiarazioni e per l’enorme importanza che dava alla comunicazione. Lo si ricorda anche per il pungente sarcasmo e per la grande ironia ed umiltà. Ecco cosa scrive Francesco Totti ricordando il mister che lo ha fatto esordire nelle partite ufficiali: “Oggi è scomparso un altro membro importante della famiglia del calcio, Vujadin Boskov, un grande uomo, competente, vincente e dotato di un umorismo acuto e intelligente. Ora dal cielo con la tua ironia e il tuo sorriso sono sicuro che continuerai a guardare il calcio con l’occhio dell’immenso maestro che sei stato.”
In Italia, Boskov è conosciuto e sarà sempre ricordato come l’architetto della Sampd’Oro, la Sampdoria degli anni 1986-92, quella capace di conquistare uno scudetto, una coppa delle coppe, due coppe Italia, una supercoppa Italia ed una finale della Coppa dei Campioni – persa contro il Barcellona. La Samp di Vialli e Mancini, di Vierchowod e Cerezo, di Pagliuca e di Lombardo, e di tutti gli altri eroi blucerchiati. La Sampdoria di oggi non è certo paragonabile a quella di allora tranne che per un unico aspetto: al suo timone vi è un tecnico serbo. Sinisa Mihajlovic, commosso, lo ricorda così: “Per me era come un padre. È stato un maestro, un esempio, sul piano calcistico e anche sul piano umano, una di quelle persone che non vorresti mai lasciare e quando se ne vanno lasciano un vuoto incolmabile. Di sicuro non lo dimenticherò: insieme abbiamo condiviso diverse esperienze che porterò per sempre con me. Vujadin resterà una persona unica, inimitabile, una leggenda del calcio serbo e un mito per ogni sampdoriano. Partirò domani per la Serbia per rendergli l’ultimo saluto, quello che merita un grande uomo, di sport e di vita, come è stato lui”.
Addio Vujadin