“Quello imperniato sulle serate ad Arcore e sui rapporti tra giovani donne e Silvio Berlusconi era un sistema prostitutivo, contrassegnato dalla corrispettività della dazione di denaro o altra utilità rispetto alla prestazione sessuale”. È quanto scrivono i giudici della corte d’Appello di Milano nelle motivazioni alla sentenza del processo Ruby bis, del 13 novembre scorso, con cui hanno condannato Lele Mora, Emilio Fede e l’ex consigliera regionale Nicole Minetti. Per i giudici sono emersi “una confluenza di elementi di prova (..) assolutamente compatti e di univoco significato sul carattere remunerativo delle prestazioni, che in vario modo le ospiti nelle serata ad Arcore offrivano a Berlusconi, e della natura di tali prestazioni”.
“Il corrispettivo più ingente derivava dall’intrattenimento notturno, quando la/le prescelte potevano trascorrere la notte con il presidente, al punto da scatenare in questa prospettiva una vera e propria competizione per assicurarsi il privilegio e la ricompensa maggiorata”. Nel documento, la corte afferma che i festini di Arcore inquadravano una situazione di prostituzione a causa del “contesto retributivo che contrassegnava i rapporti delle giovani donne con Silvio Berlusconi: le prestazioni, anche quelle minori di tipo pubblico che avvenivano nel bunga bunga, secondo il modulo descrittivo ormai noto, ricevevano una ricompensa commisurata, sempre, sempre rimessa alla discrezionalità del padrone di casa, che consegnava le buste contenenti le banconote di tagli pressoché costante”. “Il linguaggio, talora sboccato e disinibito, sintomatico di uno stile di vita spregiudicato e disinvolto da parte delle ospiti ad Arcore non lascia spazio a dubbi di sorta: la partecipazione alle serate, con tutto ciò che comportava al fine di divertire e sollecitare l’eccitazione sessuale del padrone di casa e cioè Berlusconi, erano il servizio reso per conseguire denaro e altre utilità, e che solo a queste condizioni e a questo scopo veniva reso”.
I giudici spiegano perchè non hanno ritenuto colpevole Emilio Fede del reato di favoreggiamento della prostituzione minorile. “È certa la responsabilità dell’imputato per aver favorito la prostituzione di Karima El Mahroug, ammettendola ad Arcore, ma manca la prova certa dell’elemento soggettivo del reato di favoreggiamento della prostituzione minorile, restando solo il reato di favoreggiamento della prostituzione di una ragazza in più perché non è provato che il giornalista fosse consapevole della sua minore età”. “Inequivoco e incontestato è poi il fatto che Ruby ricevesse soldi da Berlusconi, prima in corrispettivo delle prestazioni ottenute, poi per comperare il suo silenzio” si legge ancora nelle motivazioni.
Per quanto riguarda Nicole Minetti, l’ex consigliera regionale imputata per il caso Ruby, “non è sul piano di tutte le altre ospiti ad Arcore: partecipa alle serate ma non necessariamente pretende o si aspetta una ricompensa (…). Il suo ruolo si qualifica diversamente, dovendo con gli altri imputati, contribuire ad alimentare e mantenere il circuito prostitutivo, con mansioni di tipo essenzialmente organizzativo”.