Questa è la storia di un uomo che viveva – letteralmente – della luce. Un uomo capace di sfidarla, trasformarla, e ridurla ai suoi elementi costitutivi. Insomma, un artista. E non uno qualsiasi, bensì il pittore romantico inglese William Turner, considerato uno dei fondatori dell’impressionismo. A lui è dedicato Mr Turner, l’ultimo lavoro del regista Mike Leigh.
Le tele dell’artista Turner (Timothy Spall) sono il frutto di un corpo a corpo con la materia. Il pittore soffia sul colore, lo strofina, lo diluisce sputandoci, lo “frantuma” con i pennelli. I suoi occhi e le sue mani hanno la capacità di catturare il sublime, e fissarlo in modo irripetibile, consegnandolo alle generazioni future. Eppure, l’uomo Turner ha tutti i limiti e i difetti dell’essere terreno. Scontroso, ruvido nei modi, inadatto a relazionarsi con gli altri.
Così, lungo il film si sviluppa un parallelo assai emblematico tra il pittore e un animale, a cui, poco a poco, finisce per assomigliare, per atteggiamenti e aspetto. La parola si sgretola, come il colore. Eppure, poco prima di morire Turner la acciufferà per un’ultima volta, con una suggestione che è al tempo stesso l’ideale chiusura del cerchio della sua ricerca artistica.
«Chiunque faccia un film ispirato a qualcuno deve necessariamente sentirlo vicino, capirlo e comprenderlo. E poi dato che anch’io sono un artista, naturalmente comprendo il territorio su cui lavoro». Così Mike Leigh ha presentato Mr Turner, sottolineando il crescente coinvolgimento che lo ha legato al pittore inglese, via via che il film prendeva forma. «Man mano che inizi a fare ricerche su un soggetto, che tu lo faccia a livello superficiale o più approfondito questo impregna la tua psiche. In questo caso non ero sempre cosciente di citare questo o quel quadro, abbiamo assorbito il tutto e poi abbiamo lasciato libero corso alla nostra creatività in mondo subliminale».
Volubile, egocentrico, spigoloso. Timothy Spall caratterizza in modo preciso l’artista che, pur nel suo essere uomo maldestro, conosce la lingua della luce, in tutte le sue manifestazioni. Così l’attore ha riassunto il lavoro fatto sul suo personaggio: «Turner aveva il genio dentro di sé, ma l’aria di un proletario qualsiasi. Mi è venuto naturale interpretarlo con l’emissione di tanti rumori e grugniti. Rappresentano il male di vivere che si porta dentro e che esplode nel tentativo di comunicare. Però era in grado di rappresentare alla perfezione la linea sottile tra l’orrore e la bellezza della natura, e di mettere in risalto l’umiltà dell’uomo».
Oltre all’interpretazione di Timothy Spall il principale punto di forza del film è la fotografia di Dick Pope, specchio naturale dell’opera di Turner. «La parte del lavoro rigorosa – ha spiegato – è stata una ricerca sulla palette di colori utilizzata dal pittore. È un argomento e oggetto di grande documentazione. Dopodiché ho seguito l’istinto».
Tuttavia, Mr Turner si rivela deludente per quanto riguarda i dialoghi, a cui è stata dedicata poca attenzione, e il ritmo. Si fatica a seguire la storia, lungo le due ore e mezza del film. Insomma, mantenendo il parallelo tracciato da Leigh con il pittore inglese, si può dire che questo non rappresenta il suo lavoro più riuscito. Perché non basta raccontare una vita più o meno celebre e intensa per realizzare un biopic degno di questo nome.