Riforme, per il Senato si profila un accordo
Riforma del Senato: in vista delle europee, il Pd accelera per concludere su una riforma che è stata oggetto di aspri scontri interni. Stando a voci sempre più insistenti, potrebbe essere addirittura questione di poche ore. In ogni caso, sembra concretizzarsi l’ipotesi dell’accordo che segnerà la fine del bicameralismo perfetto italiano. Tra le riforme che Matteo Renzi ha posto come cruciali per l’esistenza stessa dell’esecutivo da lui presieduto, infatti, la modifica del Senato è apparsa sin da subito come la più problematica.
Al di là delle questioni di tipo formale legate agli ardui meccanismi di revisione costituzionale, l’ostacolo principale è stato esclusivamente di tipo politico. Proprio sulla riforma della seconda Camera, infatti, nelle ultime settimane un gruppo di parlamentari della sinistra Pd, guidati da Vannino Chiti, avevano proposto un ddl alternativo che prevedeva il dimezzamento dei parlamentari e il ridimensionamento delle prerogative del Senato. Inoltre, lo stesso Grillo proprio nelle ultime ore ha ribadito l’apertura dei parlamentari del M5S ad una possibile convergenza sulla proposta Chiti, scatenando malumori tra i fedelissimi del presidente del Consiglio.
Ebbene, il clima di tensione degli ultimi giorni sembra andare sempre più affievolendosi. A dimostrarlo ci sono le aperture di Renzi alla minoranza interna, nonché l’annuncio di un seminario di studio proprio sulle riforme, previsto per il 5 maggio, al quale dovrebbero prendere parte anche Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, due tra i giuristi che avevano pubblicamente espresso una serie di perplessità per una “deriva autoritaria” del governo in merito alle riforme.
In realtà, è plausibile che la ritrovata unità di intenti possa essere addotta soprattutto alle imminenti elezioni europee. Il Pd deve affrontare una campagna elettorale il cui esito costituirà anche un referendum sull’ex sindaco di Firenze, il quale – ben consapevole di tale significato politico – cerca ora di ricompattare le truppe, per far sì che il suo Pd (che proprio il 25 aprile ha ricominciato la campagna tesseramenti, la prima con Renzi segretario) si presenti all’elettorato come una realtà coesa e vincente.
Portare a casa l’accordo prima delle europee significherebbe quasi un’ipoteca su un successo elettorale per un Pd le cui fazioni interne sembrano aver accettato una pace solo momentanea. Oggi, infatti, al teatro Eliseo si riunirà la corrente (qualcuno, memore dell’esperienza degli ex Ds, già lo chiama “correntone”) di ‘Area Riformista’, legata al capogruppo alla Camera ex bersaniano Roberto Speranza.
Nelle prossime ore, dunque, i nodi di questo intricato passaggio istituzionale dovrebbero iniziare a sciogliersi. E, a quanto pare, con progressiva facilità. Il Pd sembra unito, d’accordo anche Ncd e centristi. E come dichiara al quotidiano ufficiale dei democratici “Europa” Alfredo D’Attorre, anch’egli espressione della minoranza bersaniana: “Ci sono le condizioni per un accordo che coinvolga anche Berlusconi”. Un’ampia maggioranza, dunque. Come generalmente dovrebbe accadere per una riforma di tale rilevanza per gli assetti costituzionali del Paese.
Antonio Folchetti