Continua il saliscendi sulle principali piazze finanziarie mondiali che caratterizza i mercati dall’inizio del 2014: questa volta la direzione è stata al ribasso, sulla scia dei tamburi che, dall’Ucraina, indicano il fallimento dell’accordo raggiunto a Ginevra prima di Pasqua. Più in generale, comunque, i mercati sembrano intenzionati a volere scontare una buona dose di incertezza, contenuta a livello di volatilità dalla liquidità presente nel sistema.
Allo stato attuale delle cose per molte regioni, soprattutto Stati Uniti e Giappone, il picco (almeno per ora) degli interventi monetari potrebbe essere stato raggiunto: l’inflazione nell’Impero orientale sembra avere raggiunto l’obiettivo del 2 per cento (o almeno è prossimo a raggiungerlo), mentre negli Stati Uniti è stato avviato ormai da mesi il tapering, e si cominciano a intravedere segnali di rialzo dei tassi nella seconda metà del prossimo anno.
Il problema è che vi sono troppe tensioni che rischiano di imporre scelte dolorose: in Giappone l’inflazione è ormai vicina all’obiettivo, ma non si tratta di inflazione “sana”, e questo si nota soprattutto quando si guarda che tutto il resto dell’economia giapponese (dai salari alle riforme strutturali, che brillano per la loro assenza), che resta paurosamente incastrata in sé stessa.
Negli USA, invece, la produzione e il mercato del lavoro restano lontani dall’esaurire l’eccesso di capacità, tuttavia, nonostante l’inflazione sia lontana dall’obiettivo, altri indicatori lasciano intendere che esiste il rischio di bolla finanziaria, rischio che potrebbe portare ad un restringimento della politica monetaria.
Non va poi dimenticata l’Europa, che è tutto fuorché in salute: mentre si continua a flirtare con la deflazione, la crescita sia nel privato che nel pubblico continua a deludere e viene continuamente ridimensionata. Anche i dati accolti con ottimismo, ad un osservatore più analitico appaiono ben poco sorridenti: la crescita spagnola, per esempio, è stata migliore del previsto grazie a un crollo dell’import, ulteriore segnale della palese difficoltà della domanda interna. La BCE continua a rimanere ferma in mezzo al guado: la politica monetaria fatta solo a parole comincia a dimostrare i suoi limiti, come dimostrato da un discorso di Draghi nel corso dell’ultima settimana, e che, per la prima volta da tempo, non è riuscito ad abbattere il tasso di cambio fra euro e dollaro.
L’agenda macroeconomica prevede per lunedì il dato sulla vendita di abitazioni negli USA, che dovrebbero tornare a crescere su base mensile in un mercato che resta comunque sotto tono.
Martedì sono previste le vendite al dettaglio in Italia, che dovrebbero crescere dello 0,4% su base mensile dopo una crescita zero nel mese precedente: anche in questo caso, tuttavia, il mercato dovrebbe denotare una certa debolezza su base tendenziale. L’inflazione tedesca è attesa in decrescita su base mensile, mentre su base annua si prevede una crescita dell’1,4 per cento, ancora lontano dal target del 2 per cento.
Mercoledì toccherà alle vendite al dettaglio in Germania, attese in calo su base mensile e in rallentamento su base annua, seppur in crescita dell’1,6 per cento. L’inflazione italiana è invece attesa in crescita dello 0,2 per cento su base mensile, e dello 0,6 per cento su base annua; stesso discorso per il fondamentale dato sull’inflazione europea, per la quale si attende una “fiammata” allo 0,8 per cento, dopo che, secondo gli analisti, la Pasqua in “ritardo” aveva depresso il dato precedente. Nel pomeriggio dovrebbe essere registrata la frenata del PIL degli Stati Uniti, in virtù di un rallentamento del ritmo dovuto in particolare all’eccesso di scorte accumulate. In serata arriverà la decisione della Federal Reserve a proposito della politica monetaria.
Giovedì Europa chiusa per via della festa del lavoro, mentre dagli USA arriveranno i nuovi jobless claims, attesi ancora intorno ai 320mila, nonché il dato dell’ISM manifatturiero, che dovrebbe segnalare una crescita del settore.
Dati simili per i Paesi europei verranno rilasciati nella giornata successiva: i PMI dovrebbe risultare tutti sopra la soglia dei 50 punti, segnalando un proseguimento del periodo di espansione. Il report sul mercato del lavoro USA, infine, dovrebbe segnalare l’ennesimo miglioramento (apparente).