Giusto o sbagliato che sia, sapere che le disfatte non si coniugano solo in prima persona può rendere le stesse molto più digeribili. Beh, se quest’ipotesi è veritiera possiamo dormire sogni tranquilli: non siamo i soli. In termini calcistici, noi italiani non siamo i soli a doverci barcamenare tra buchi di bilancio, debiti esorbitanti e società sull’orlo del fallimento. No, per chi non lo sapesse c’è l’Inghilterra a farci compagnia. La Premier League vive un momento tragicomico. In Europa non ci sono più squadre a rappresentare l’Inghilterra (ai quarti di EL e Cl sono zero su sette), a parziale disconferma dell’attitudine storica inglese: al top tra i club e al flop tra le federazioni. No, quest’anno nemmeno società quotate come City, Arsenal, Liverpool e Manchester Utd sono state capaci di riscattare la faccia della poco prestigiosa FA.
Non siamo così diversi dagli osannati inglesi
Eppure, tutto ciò rappresenta la parte meno grave della situazione d’oltremanica. Noi ci difendiamo col caso (o caos?) Parma, ma veniamo beffardamente battuti dagli inglesi. La Premier ha debiti complessivi pari a 3,4 miliardi di euro, nonostante i guadagni siano molto più alti e si aggirino sui 350 milioni. Cifre astronomiche, che però attestano una tesi molto semplice: c’è un red di bilanci che fa paura. In realtà, una differenza con la Serie c’è ed è piuttosto sostanziale. A parte il Chelsea e il Manchester United, che detengono circa il 50% del debito complessivo, il rosso clamoroso arriva dalle piccole squadre. Il problema infatti sono i 163 milioni di debito del QPR, i 150 del West Ham, i 97 dell’Hull, I 140 di Aston Villa e Leicester, i 53 del Sunderland e i 10 del Burnley. In caso di retrocessione andrebbero tutte verso il fallimento. Le grandi, invece, hanno da sempre attuato una furbesca ma efficace strategia: dipendere poco dai diritti tv e tanto dagli sponsor e dal merchandising. Dai diritti tv arriva il 75% dei ricavi delle piccoli prima citate. Retrocedendo, ne perderebbero la maggior parte. E il fallimento sarebbe l’unica soluzione.
A dirla tutta, quindi, non siamo né gli unici né gli ultimi. Mal comune mezzo gaudio, si diceva. Basterà a consolarci? Forse. O forse no. La cosa importante, ad oggi, è capire che l’Inghilterra è la più debole delle tre Nazioni che ci stanno davanti nel Ranking. E che è su di loro che dobbiamo fare la corsa.
Antonio Fioretto