Addio a Ferrero, l’inventore della Nutella. Ora l’azienda passerà in mani straniere?

Dopo mesi si malattia, ieri pomeriggio si è spento nella sua residenza di Montecarlo Michele Ferrero. Leader di uno dei più grandi gruppi dolciari al mondo, l’omonima Ferrero, l’89enne industriale piemontese ha scritto una delle pagine più celebri dell’imprenditoria italiana dal dopoguerra ad oggi. Nato nel 1925 a Dogliani, piccolo centro del cuneese, da una famiglia di umili origini, comincia a lavorare nel settore alimentare subito dopo la guerra, quando i genitori aprono una pasticceria nel centro di Torino.

In pochi anni, complice il boom economico che investe il nord del paese, il 30enne Michele, subentrato nella direzione al posto del defunto padre Pietro, si trova a guidare un’azienda in continua espansione, tanto da diventare una multinazionale con stabilimenti in Europa e nel mondo. Il centro di tutto resta però sempre nel caro vecchio Piemonte, ad Alba, provincia di Cuneo.

Il successo planetario arriva grazie alla grande capacità dell’azienda di innovarsi e di sperimentare. Gli esempi sono molti, ma il più significativo è datato 1964 quando, dagli stabilimenti di Alba esce una delle più grandi invenzioni dolciarie di sempre: la Nutella, crema di cioccolato gianduia che nel giro di qualche anno diventa un fenomeno di costume. Tra gli altri prodotti di grandissimo successo si ricordano i Rocher, i Mon Cheri, i Tic Tac, il Kinder Sorpresa: tutte invenzioni che hanno contribuito a rendere Ferrero uno degli uomini più ricchi del mondo e il più ricco d’Italia nel 2014 (23,4 mld il patrimonio stimato).

Uomo molto schivo e fieramente diplomato (non ha mai frequentato l’università), rifiutava addirittura le molte lauree honoris causa offertegli da vari atenei: “Basta il buon senso” diceva. Grandissima la sua etica del lavoro: famose le sue piazzate negli stabilimenti e nei punti vendita per dare una mano e controllare che la merce fosse correttamente esposta in vetrina.

Mai espostosi politicamente, diventa amico di Silvio Berlusconi, anche se non lo segue nell’avventura di Forza Italia. Senza dubbio, come riporta il Corriere della Sera, Ferrero non era odiato dai suoi dipendenti. Anzi: alla stregua di Adriano Olivetti, nel tempo costruisce un welfare aziendale che si occupa di tutto, dalla sanità al dopolavoro. “Sono socialista ma il socialismo lo faccio io” avrebbe detto in più di un’occasione. Come a dire: non voglio interferenze e pastoie burocratiche stataliste, ai miei dipendenti penso solo io.

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Ferrero, occhio alla Nestlè

Dal punto di vista imprenditoriale, la morte di Ferrero apre un punto interrogativo grande come una casa sul futuro dell’azienda. In anni in cui le imprese italiane continuano a finire in mani straniere, non è escluso che la multinazionale piemontese possa fare la stessa fine.

Già un anno e mezzo fa, nell’ottobre 2013, il colosso dolciario per eccellenza, la Nestlé, aveva avanzato un’offerta di acquisizione. Rifiutata dal patron, che però, forse, un pensierino ce l’aveva fatto. Del resto i dati delle due realtà non sono così lontani: la divisione  confectionery del gigante svizzero fattura 8,3 mld, cifra non così lontana dai 7,8 della Ferrero. Una fusione tra le due potrebbe significare una posizione di predominanza senza precedenti nel settore dolciario internazionale.

Ferrero, i precedenti e il mercato italiano

A partire dal 2008, anno di inizio della crisi, le multinazionali estere hanno fatto incetta di aziende nostrane, accaparrandosi a buon mercato il know-how e le competenze tipiche della manifattura italiana: in poche parole il made in Italy che tutto il mondo ci invidia.

Nel quadriennio 2008-2012 ben 437 aziende di proprietà tricolore sono passate di mano, per un totale di 55 miliardi. Nel 2014, invece, hanno capitolato a fronte di capitali esteri l’azienda di elettrodomestici Indesit, acquistata dall’americana Whirlpool, la maison della moda Krizia, passata in mani cinesi, e la Poltrona Frau, sempre acquistata dagli americani.

A fare la parte del leone nel settore è stata, tuttavia, proprio la Nestlè, che, dagli anni ’70 ha letteralmente divorato il mercato italiano, inglobando tutte le potenziali concorrenti: Vismara, Sasso, Pezzullo, Berni, Italgel, Gelati Motta, Valle degli Orti, Surgela, La Cremeria, Maxicono, Marefresco, Voglia di Pizza, Oggi in Tavola, Antica Gelateria del Corso, Gruppo Dolciario Italiano e infine Sanpellegrino (con tutti i marchi di bevande annessi). La prossima sarà la Ferrero?