Emma Bonino parla della malattia: “Vivere, accettare e governare le emozioni”
Una donna forte, Emma Bonino. Decisa, pragmatica, sicura. Anche nelle situazioni avverse. Politicamente parlando, si intende. Ma alle difficoltà politiche, oggi, si è aggiunta la malattia: feroce, brutale, crudele. Una malattia dalla quale, tuttavia, Emma vuole uscire, più forte di prima. E lo conferma in un’intervista a Repubblica.
Bonino affronta la “bestiola”, come la chiama lei, in modo coraggioso: “non ho paura, sono ottimista”, confida a Giovanna Casadio e Dario Cresto-Dina. “Ho avuto una vita fantastica. Gli affetti familiari, la politica radicale, le amicizie, i grandi dolori, le solitudini. La cosa importante è saper provare, vivere, accettare e governare le emozioni, mai diventare indifferenti a ciò che ci attraversa o ci sfiora”.
Dice di stare “bene”, sebbene la malattia sia di tale entità: “sopporto la chemioterapia senza eccessivi disagi. Sono disciplinata, dovreste vedere quanto sono rigorosa. Seguo accuratamente le disposizioni dei medici”, ovvero: “mangiare tre volte al giorno, evitare la carne e i dolci, limitare i formaggi. Faccio colazioni nordiche o forse dovrei dire islandesi: pane, burro, tonno e capperi e una tazza di brodo, mi manca soltanto l’aringa. Ero abituata a un caffelatte e tre biscotti, ora riesco a mangiare solo salato. Non sento più i gusti. L’ordine dei dottori è non perdere peso. Dovrei tornare a com’ero prima di conoscere i radicali, una bella contadinotta bionda di 65 chili. Eppoi dormire, non viaggiare”. Le abitudini cambiano, questioni di forze maggiori, tranne per quel che riguarda il fumo. Derogato per la politica dei Radicali.
Bonino e le dolorose rinunce
Sebbene Emma Bonino sia una politica ormai di vecchia guardia, da decenni sul campo politico nostrano, continentale ed internazionale, la sua carriera avrebbe potuto prendere una nuova, stimolante via: dapprima si pensava – nuovamente – ad accostare il suo nome al Colle, poi a quello della carica di vice segretario dell’Onu per gli aiuti umanitari (in vista dell’addio di Valerie Amos).
In entrambi i casi, vista la malattia, non si è fatto niente: “è stata una dolorosa rinuncia. Ma non potevo fare altrimenti perché saprò soltanto a aprile o maggio quello che sarà di me”. Specialmente sull’ultimo incarico, quello all’Onu: “era una cosa alla quale tenevo veramente perché gli aiuti umanitari, salvare vite umane, non è la realpolitik tanto di moda, ma sono un valore e come possiamo dirci persone senza di questo?”.
L’agenda sempre piena di Emma Bonino
Ma, nonostante tutto, l’agenda di Emma Bonino è sempre piena: l’8 marzo a Tunisi (“porteremo in scena lo spettacolo teatrale di Serena Dandini Ferite a morte”). Poi Marocco, Salento (per riabilitazione), Expo. Insomma, Emma non si ferma. Emma pensa all’Europa che arranca. Lo fa con dispiacere, con amarezza: “è la crisi temo definitiva del progetto federalista europeo”. Ma anche la politica estera italiana non se la passa bene e così la critica: “serve una politica rivolta al mondo islamico musulmano del Mediterraneo allargato che nessuno fa e per la quale l’Italia dovrebbe a mio avviso assumere ruoli di responsabilità non solo in chiave antiterrorista o antimmigrazione, ma a tutto campo”.
Non si ferma Emma, né fisicamente né mentalmente. E’ questa la sua forza, la sua energia. Ma è anche grinta e sicurezza per altri, per coloro che vivono nel loro più intimo riserbo la malattia. Una forza che le dà ancora oggi la vivacità di girare il mondo, di fare bene per gli altri. E’ questa Emma. Parafrasando un titolo dei fratelli Coen: ‘Emma Bonino, a girl on the go’.
Daniele Errera