C’è il rischio che le prigioni italiane possano diventare delle palestre per aspiranti terroristi se non si presta maggiore attenzione alla tutela dei diritti dei detenuti di religione islamica. Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Secondo il Guardasigilli, bisogna “far sì che il rispetto dei diritti dei detenuti di religione islamica, oltre che doverosa applicazione dei principi costituzionali, sia anche strumento per prevenire la radicalizzazione e il reclutamento fondamentalista; una via per contrastare il proselitismo di chi ci vede come nemici dell’Islam”. Secondo una ricerca realizzata nel 2014 dal Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr), circa il 35% dei detenuti nelle carceri italiane proviene da Paesi di fede islamica: circa 13.500 su 23mila detenuti stranieri, arrivati per lo più dalla regione del Maghreb e soprattutto da Marocco e Tunisia. Dallo studio del Dap emerge che i musulmani osservanti sono circa 9mila e in un carcere su quattro (52 istituti sui 202 censiti) possono riunirsi in preghiera all’interno di un locale adibito a moschea.
Orlando: “Modello Guantanamo ha fallito”
“Premesso che stiamo operando per diminuire il numero dei detenuti trasferendoli nei Paesi d’origine – prosegue Orlando – bisogna fare di più. L’effettiva tutela dei diritti fondamentali dell’individuo in generale, e nel carcere in particolare, è un elemento primario di contenimento del rischio di radicalizzazione. Anche perché abbiamo sperimentato l’esempio contrario: vicende come quella di Guantanamo dimostrano che, come sostenuto dall’indagine del Senato Usa, misure estreme, oltre a violare i diritti fondamentali delle persone, non sono di ausilio effettivo nella lotta al terrorismo globale ma rischiano di alimentarlo”. Una convinzione che nasce anche “da un dato di fatto: alcuni autori dei gravissimi attentati che si sono verificati di recente, a Parigi come a Copenaghen – precisa – hanno visto nascere o crescere il loro estremismo proprio nelle prigioni, dove si sono probabilmente rafforzati i rapporti con organizzazioni radicali e violente”.
Orlando e il caso del detenuto rumeno
Il ministro poi torna sul caso di alcuni agenti di polizia penitenziaria che, sulla pagina Facebook del sindacato di polizia penitenziaria Alsippe, hanno esultato per il suicidio di un detenuto rumeno avvenuto all’interno del carcere milanese di Opera. “Un episodio intollerabile – sottolinea Orlando – per il quale abbiamo già avviato accertamenti, e chiesto alle organizzazioni sindacali – oltre ai vertici del Dap – di prendere le distanze”.