Jobs Act, Poletti: “Per i contratti a termine il limite resta a 36 mesi”
Mentre i licenziamenti collettivi si avviano verso l’esclusione dalla riforma del Lavoro, sui contratti a termine è il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a mettere le cose in chiaro dopo una giornata, l’ennesima, di incontri per discutere del Jobs Act. Domani il Consiglio dei Ministri darà il via libera al decreto attuativo sul nuovo contratto a tutele crescenti. In arrivo anche il decreto per la riduzione del precariato.
L’esecutivo voleva ridurre il termine a 24 mesi
Le parole del ministro Poletti pronunciate durante l’incontro con i sindacati e le associazioni degli imprenditori sembrano dire nulla di nuovo. La verità è che l’intenzione del Governo era di ridurre il termine dei 36 mesi a 24. L’intento sarebbe stato quello di evitare la concorrenza tra il contratto a termine ed il nuovo contratto a tutele crescenti tanto caro all’esecutivo di Matteo Renzi. Meno di un anno fa il termine era stato allungato proprio dall’attuale Governo. Il risultato? Meglio non ritornare sui propri passi: agli investitori non piacciono i Paesi dove le regole vengono scritte e poi riscritte ogni giorno.
Licenziamenti collettivi esclusi da nuove regole
Ad ogni azione corrisponde, in genere, una reazione. Se è vero che sul contratto a termine l’esecutivo ha deciso di continuare sulla strada appena illustrata, è anche vero che ora bisognerà in qualche modo accontentare la minoranza del Pd su un altro fronte. D’altra parte lo stesso premier Renzi aveva promesso cose “un po’ più di sinistra”. Di qui l’ipotesi di escludere i licenziamenti collettivi dalle nuove regole: confermando la preponderanza del reintegro rispetto all’indennizzo.
Poletti: “Cdm prenderà la sua decisione”
La richiesta, che sembra accogliere le pretese della minoranza Pd, è la stessa delle commissioni Lavoro di Camera e Senato. Pareri di certo non vincolanti, ma da tenere comunque in considerazione. Il ministro Poletti si mostra prudente e dichiara: “Il Consiglio dei Ministri prenderà la sua decisione”.
All’appello manca invece la Naspi, l’assicurazione per l’impiego. Sul decreto si fa ancora attendere il parere della commissione Bilancio. Per garantire le risorse necessarie potrebbe scattare l’aumento delle accise o la riduzione delle prestazioni.
Capitolo lavoratori precari
Capitolo da non trascurare resta quello relativo ai lavoratori precari. Il nuovo contratto a tutele crescenti riguarderà i precari il cui carattere autonomo risulti fittizio: l’opera è prestata a titolo personale ed il rapporto è strutturalmente organizzato. A tutti gli altri verranno invece estesi i diritti già riservati ai dipendenti: maternità e malattia. A questi si aggiunge la certezza dei tempi di pagamento. In tal caso i lavoratori dovranno soddisfare tre requisiti: guadagnare meno di 1.500 euro netti al mese; avere un contratto che dura più di un anno; e percepire dallo stesso datore di lavoro almeno tre quarti del reddito. Altri interventi riguarderanno l’abolizione degli associati in partecipazione.
Deluse Cgil e Uil, soddisfatte Cisl e Confcommercio
La Cgil delusa invoca già il referendum abrogativo. Sulle stesse posizioni la Uil che afferma: “La montagna ha partorito un topolino”. Il riordino dei contratti sembra invece soddisfare la Cisl. Positiva anche la reazione di Confcommercio come si evince dalle parole del direttore generale Francesco Rivolta: “Il governo ha recepito le nostre preoccupazioni”.