Tutto cominciò qualche mese fa, quando Matteo Renzi – allora segretario del Pd e Sindaco di Firenze – introdusse un nuovo hastag: #enricostaisereno. Voleva come dire: Letta, continua da premier che io non ho intenzione di farlo. Ed invece, poche settimane dopo, venne comandata la successione. Ieri, il gruppo trai dem che sosteneva Letta a Palazzo Chigi, ed al contempo quello che aveva votato per Cuperlo alle primarie Pd, ha costituito una nuova grande componente interna: Area Riformista. #matteodinoitipuoifidare, l’hastag della manifestazione.
Si prende spunto dalla candidatura di Enrico Gasbarra alle elezioni europee. Lui, ex segretario del Pd Lazio sostenuto dalla quasi totalità delle correnti (dai dalemiani ai veltroniani) ha rappresentato in piccolo quel grande schieramento, incarnato da Gianni Cuperlo, che si contrappose, nel dicembre 2013, a Matteo Renzi segretario del Partito Democratico. Il vento, però, al tempo era cambiato: nonostante il gran numero di correnti anti-Renzi, il sindaco di Firenze stravinse. Ieri a Roma, presso il Teatro Eliseo di via Nazionale, la componente che mal digerisce la sovrapposizione di ruoli segretario-premier e che non sopporta i modi di poca mediazione di Renzi si è riunita intorno a Gasbarra per sancire un’unione attorno ad un progetto: riequilibrare la situazione post-8 dicembre (e soprattutto post cacciata di Letta).
Chi sono gli attori protagonisti di Area Riformista? Dentro vi sono i dalemiani, i bersaniani, i lettiani. Anzitutto quelli intorno all’ex premier Letta: gli ex ministri Maria Chiara Carrozza e Flavio Zanonato. Quindi Paola De Micheli e Francesco Russo che orbitano nell’area 360 (fondazione di Letta) da molto tempo. Poi sono presenti i dalemiani: non solo c’è il leader Massimo (D’Alema, ovvio) ma anche Alfredo Reichlin, Nico Stumpo e Roberto Gualtieri. Infine i bersaniani: Zoggia e Di Traglia su tutti. Da ‘indipendenti’ ma sempre riconducibili a quell’area vi sono Gianni Cuperlo, Cesare Damiano e Stefano Fassina.
L’obiettivo è di ricompattare un fronte che non voglia l’uomo solo al comando e che discuta con Renzi sulle riforme, “a partire dall’italicum”, spiega Roberto Speranza. Ma guai ad essere anti-renziani. Non è il momento storico migliore. Gli fa eco Zoggia: “non c’è bisogno di ricercare una leadership da contrapporre a quella di Renzi”. Tuttavia “vogliamo capire che cosa si vuole fare di questo partito, quale funzione deve avere, che idea ne ha Renzi”. Insomma, le elezioni europee saranno un vero e proprio spartiacque: qualora il Pd sfondasse il muro dello storico 33%, distanziando sensibilmente il Movimento 5 Stelle, significherà che la cura Renzi ha auto effetto positivo. Altrimenti si dovrà nuovamente ripensare ad una nuova soluzione. E nel Partito Democratico i ripensamenti di leadership, si sa, sono all’ordine del giorno.
Daniele Errera