Il Jobs Act continua a creare polemiche e confusione nel centrosinistra. Dopo le parole di Susanna Camusso, oggi hanno detto la loro un po’ tutti. In primis il presidente della Camera Laura Boldrini, che, non ha lesinato critiche al governo, lamentando come il Governo abbia ignorato il Parlamento e avvertendo anche e soprattutto dei pericoli “dell’uomo solo al comando”. Chiaro il riferimento a Matteo Renzi.
Alle parole della prima inquilina di Montecitorio ha replicato Debora Serracchiani, numero 2 del Pd: “Mi è un po’ e dispiaciuto, personalmente e politicamente, il fatto che la terza carica dello Stato abbia preso una posizione così di fronte a una riforma del governo. Mi sembra un eccesso rispetto alla sua posizione di garanzia. Dire che c’è l’uomo solo al comando non è giusto, il lavoro del Pd è fatto di tante donne e uomini. Non c’è un uomo solo ma un partito che rappresenta una base larga degli italiani e che dice che devono essere fate certe cose. Renzi non decide da solo ma, decide di andare fino in fondo sulla base di quello che viene portato dal partito”.
Stefano Fassina, intanto, ha preso le difese della Boldrini e rinnovato le critiche alla riforma del lavoro renziana.
Un abbraccio solidale a @lauraboldrini che difende l’autonomia del parlamento, non una posizione politica di parte
— Stefano Fassina (@StefanoFassina) 22 Febbraio 2015
Jobs Act, tra Renzi e Landini volano parole grosse
Il vero scontro, tuttavia, si è avuto tra il leader del Pd e quello della Fiom, ormai da molti mesi ai ferri corti. In mattinata Landini aveva dichiarato di voler provare la corsa politica. “È cambiato tutto, siamo alla fine di un’epoca. È venuto il momento di sfidare democraticamente Renzi. Non solo il premier applica tutto quello che gli ha chiesto Confindustria, ma -è la denuncia il leader della Fiom- afferma il principio che pur di lavorare si debba accettare qualsiasi condizione. Non c’è più il concetto che il lavoro è un diritto e la persona deve avere tutti i diritti di cittadinanza”. Per Landini, “siamo a uno scardinamento sostanziale dello Statuto dei lavoratori che non solo tutelava le singole persone ma riconosceva la contrattazione collettiva e quindi la mediazione sociale come uno dei pilastri delle relazioni sindacali”.
Parole dure, a cui hanno fatto seguito quelle altrettanto velenose di Renzi. Ospite a In mezz’ora, il premier ci è andato giù in maniera altrettanto pesante, riservando al segretario della Fiom diverse frecciate. “Landini? Un sindacalista che fa politica? Non è il primo. Non credo che Landini abbandoni il sindacato, è il sindacato che ha abbandonato Landini. Il progetto Marchionne sta partendo, la Fiat sta tornando, meno male, a fare le macchine. La sconfitta sindacale pone Landini nel bisogno di cambiare pagina e il suo impegno in politica è scontato. Sulla partita tra chi diceva che la Fiat è finita e chi diceva diamo fiducia a Marchionne, il dato è che la Fiat sta tornando ad assumere. Insomma, “ha perso con la Fiom e si dà alla politica”.
Camusso e Angeletti: “Il sindacato non è un partito”
Sulle parole di Landini arriva il duro giudizio dell’ex segretario generale della Uil Luigi Angeletti: “Landini ha questa vocazione di entrare in politica e usa il sindacato come trampolino di lancio per creare una forza politica. Non è la strada giusta. I sindacati rappresentano gli iscritti al sindacato e devono difendere i posti di lavoro. La politica è un’altra cosa, se si usa il Sindacato come un partito politico, tutto il Sindacato rischia di fare la fine della Fiom nella Fiat”.
Laconico il commento di Massimo Gibelli, portavoce di Susanna Camusso: “Se Maurizio vuol scendere in politica tutti i nostri auguri ma il sindacato Fiom è un’altra cosa”.
Speranza contro Renzi: “Errore non tener conto del parere delle Camere”
Anche il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza critica il modo in cui si è gestita la riforma del lavoro.”Il governo ha sbagliato a non tener conto del parere delle commissioni Lavoro di Camera e Senato sui licenziamenti collettivi”. Così “Deve essere a tutti chiaro che se viene meno la necessaria sintonia tra parlamento e governo non si va da nessuna parte.Se è vero – ha sostenuto Speranza – che i pareri non sono formalmente vincolanti, è un errore non averli presi in considerazione. Le sfide che il paese ha di fronte richiedono non solo una convinta determinazione nell’azione di governo ma anche un ruolo autonomo e autorevole del Parlamento. Deve essere a tutti chiaro – ha concluso il presidente dei deputati Pd – che se viene meno quella necessaria sintonia tra parlamento e governo non sarà possibile vincere la sfida riformatrice che il Pd ha giustamente lanciato e non si va da nessuna parte”.
Camusso: “Su Articolo 18 sconfitti, ma reagiremo”
Sull’articolo 18 c’è stata “una sconfitta”. Ad ammetterlo è Susanna Camusso, leader della Cgil, in un’intervista a SkyTg24. “Però – aggiunge – alle sconfitte si reagisce, non è che, come qualcuno pensa, essendo stati sconfitti si torna a casa: noi continueremo e troveremo gli strumenti necessari per tutelare la libertà dei lavoratori”.