La guerra dei passaporti hongkonghesi tra Cina e Regno Unito
Le tensioni relative al futuro di Hong Kong tra Cina e Regno Unito continuano ad aumentare. Lo scorso 29 gennaio, Pechino ha dichiarato che non avrebbe più riconosciuto alcuni documenti di viaggio britannici. La decisone del governo centrale è arrivata a poche ore dall’annuncio di Boris Johnson inerente la creazione di un nuovo programma di visti per i cittadini di Hong Kong.
Cosa ha fomentato lo scontro
Da qualche tempo, i rapporti tra Cina e Regno Unito hanno iniziato a sgretolarsi. In seguito all’imposizione da parte di Pechino della controversa legge sulla sicurezza nazionale, alla fine dello scorso giugno, il Regno Unito ha accusato il governo cinese di aver violato la promessa di garantire ad Hong Kong 50 anni di semi-autonomia. Nei mesi scorsi, Boris Johnson aveva annunciato di voler creare un apposito percorso burocratico per rilasciare visti ai titolari di passaporti britannici “d’oltremare” (British National Overseas, BNO). Successivamente, pochi giorni fa, il governo britannico ha deciso di estendere questa possibilità anche a cittadini titolari di tradizionali passaporti hongkonghesi o appartenenti all’area europea. Secondo le nuove regole, i beneficiari avrebbero diritto ad un visto speciale che li autorizzerebbe a vivere, lavorare o studiare nel Regno Unito per un massimo di cinque anni; per loro, dopo un ulteriore anno nel paese, sarebbe possibile richiedere ed ottenere la cittadinanza.
Punto di rottura
In una dichiarazione rilasciata lo scorso 29 gennaio, il Premier Johnson ha sottolineato come il governo abbia lavorato per “onorare i suoi profondi legami di storia ed amicizia con il popolo di Hong Kong, battendosi per la libertà e l’autonomia”. Oltre a ciò, il primo ministro inglese ha annunciato che le domande per un nuovo percorso di riconoscimento della cittadinanza sarebbero state accettate a partire dal 31 gennaio. Secondo i calcoli del governo britannico, fino a 5,4 milioni di cittadini hongkonghesi potrebbero aver diritto ad un visto di ingresso. Una volta ottenuto, lo status riconosciuto a queste persone sarà equivalente a quello di rifugiati politici (LOTR, Leave Outside the Immigration Rules).
La risposta di Pechino
Il piano presentato dal Regno Unito ha sin da subito irritato le autorità cinesi. Poche ore dopo le dichiarazioni del premier britannico, i funzionari del governo cinese hanno attaccato pubblicamente la decisione. I rappresentanti del governo centrale hanno affermato di considerare le azioni intraprese dal Regno Unito come una sfida diretta alla sovranità nazionale del paese. La Cina ha così cessato di riconoscere i passaporti d’oltremare come documenti di viaggio o identificazione validi, a partire dal 31 gennaio. Un portavoce del ministro degli esteri cinese, Zhao Lijian, ha commentato la decisione aggiungendo che la Cina “si riserva il diritto di intraprendere ulteriori azioni”. A livello internazionale, si teme che Pechino possa intensificare ulteriormente la repressione interna al paese. Il governo centrale, come ritorsione a quanto accaduto, potrebbe altresì servirsi della dispotica legge sulla sicurezza nazionale.