“Non credo che il Jobs Act mi porterà ad assumere di più” e poi “tutti questi decreti per me non servono assolutamente a niente”. Se non fosse per le sue amicizie nelle stanze che contano, Flavio Briatore in Italia non se lo filerebbe più nessuno. Da anni.
Sputacchia giudizi su questo o quell’altro, zittisce con tweet da censore i giornalisti scomodi e annuncia querele a destra e a manca per i comici che, inspiegabilmente, fanno satira (vedi Crozza). Nulla di male, ognuno può esprimere il proprio parere quando e come vuole. L’importante è che poi la politica sia indipendente da questi imprenditori residenti all’estero che pretendono di suggestionare le politiche governative. E non sempre accade.
Più Briatore per tutti
Stamani ad Agorà il fondatore del Billionaire non si è solo soffermato sulle carenze del mercato del lavoro italiano (“uno stipendio di un ragazzo a Monaco che guadagna 1.900 Euro mi costa 2.220, In Italia costa 5.000”) ma, in tempi di grandi riforme, ha provato a dire la sua anche sull’architettura istituzionale che fu di Calamandrei e Dossetti. Smontandola, ovviamente: “Il problema è che chi va a fare la politica non decide”. Soluzione? “Io voterei un dittatore a tempo, con un mandato”. Gelo in studio.
Nonostante la stilettata sul jobs act, con Renzi il rapporto rimane buono anche se negli ultimi tempi il giudizio si è un po’ ammansito rispetto alla folgorazione di qualche mese fa. “Renzi ha dato una spinta notevole ma non ha fatto abbastanza” ha continuato l’imprenditore sulla stessa linea dell’intervista al Corsera del 16 febbraio scorso quando l’aveva buttata in metafora sportiva: “Ha fatto qualcosa più degli altri però prima o poi la palla devi buttarla dentro e finora vedo tanti pali e traverse”. Eppure quando il giovane sindaco di Firenze rottamava il partito e spadroneggiava in tv, il fu Briatore diceva di lui: “Renzi? Finalmente uno che dice cose normali: se si candidasse premier lo voterei al 100%”(01-06-2013), “Renzi è un uomo normale. Lo voterei anche a costo di iscrivermi al Pd” (14-06-2013), “Renzi è un politico di professione. E, mi permetta, pure molto bravo” (18-01-2014), “Matteo è un bulldozer, va sempre avanti. Speriamo che lo lascino andare avanti” (10-06-2014). Oggi la prima ripassata. Che abbia cambiato idea tutto d’un tratto?
Falciani e la cuoca
Il nome di Briatore era tornato alla ribalta nei giorni scorsi dopo che l’Espresso, referente per l’Italia dell’Internationale Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), aveva pubblicato la lista Falciani con 7.499 clienti italiani della banca svizzera HBSC che hanno tutt’oggi un conto aperto nel paradiso fiscale. Secondo l’inchiesta, Flavio Briatore avrebbe intestato 39 milioni e 794 dollari alla sua ex cuoca che, ça va sans dire, non ne sapeva nulla. Una prestanome, insomma. Lui al Corsera ha annunciato querele e si è difeso così: “Sono 25 anni che sono residente all’estero, 7 a New York e 18 a Londra, ora abito a Montecarlo. Pago le tasse dove produco ricchezza”. E “l’Italia è un paese strano, pieno di invidiosi che godono nel denigrare il prossimo, che gioiscono nel buttarlo giù. L’invidia sociale sarà la nostra rovina “. Anche oggi ad Agorà è tornato sull’argomento affermando di “non aver mai evaso le tasse” perché non residente in Italia.
Salvini a Briatore: faccia il ministro
In studio c’era, stranamente, anche Matteo Salvini, apparso piuttosto affabile con l’imprenditore di Verzuolo. I due sono entrati subito in sintonia. Qualche occhiata furbesca, uno scambio di confidenze, chiacchierata fuori onda, fino alla sviolinata finale: “Facciamo Flavio Briatore ministro del Turismo, sicuramente farebbe molto meglio di tanti altri”.