Infografiche – M5S tra espulsioni e dimissioni: due anni di “scilipotizzazione”
“Sarò io il garante contro la scilipotizzazione”. Così tuonò Beppe Grillo da Padova il 6 febbraio 2013, a poche settimane da una tornata elettorale che si sarebbe rivelata storica per il Movimento Cinque Stelle, che alle sue prime elezioni politiche avrebbe sfondato quota 25%, andando oltre i più ottimistici pronostici e sondaggi e risultando il primo partito in termini di voti alla Camera dei Deputati ed il secondo al Senato. E nel farlo coniò il termine “scilipotizzazione”, ricordando il cambio di rotta operato sul finire del 2010 da diversi parlamentari – autodefinitisi “responsabili” – che passarono dal centrosinistra alla maggioranza di centrodestra, salvando per un soffio il governo Berlusconi dalla mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni.
Solo poche settimane dopo, però, il leader del M5S – a margine delle trattative portate avanti dal PD per la costituzione di un esecutivo a guida Bersani e chiuse con un nulla di fatto – tornò sull’argomento, mostrando meno ottimismo. “Qualcuno si potrebbe vendere, una scilipotizzazione ci potrebbe essere”. E ancora: “Ci potranno essere quelli che faranno politica per interessi personali”. E dopo due anni di legislatura, i fatti sembrano aver dato ragione alla seconda versione, quella più “pessimista”.
Infografiche – M5S tra espulsi e dimissioni
In 24 mesi di legislatura il Movimento Cinque Stelle è stato interessato da un continuo processo di modifica della composizione dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. Tra espulsioni e dimissioni, il quadro è decisamente cambiato. Qui di seguito una serie di infografiche che fotografano la situazione (è possibile cliccare sui riquadri in alto al centro per cambiare grafico, mentre passando con il mouse sui grafici stessi è possibile visualizzare ulteriori informazioni).
Come si può notare dalle infografiche, il M5S ha subito un drastico svuotamento dei gruppi parlamentari. Dato che a livello numerico il numero di fuoriusciti uguali in entrambe le Camere, il peso delle defezioni risulta ovviamente molto diverso, in quanto Montecitorio conta un numero totale di componenti doppio rispetto a Palazzo Madama. E così se la percentuale di parlamentari grillini alla Camera è passata dal 17,3% al 14,4% del totale dei componenti, più drastica è stata la riduzione al Senato, passando dal 16,8% all’11,4% (escludendo dal computo i senatori a vita).
Se non stupisce l’assenza di “acquisti” da parte dei gruppi parlamentari del M5S (ad eccezione di Giovanna Mangili, che però era comunque stata eletta nelle liste di Beppe Grillo), fa riflettere invece la collocazione dei fuoriusciti. Infatti sono appena 3 su 36 i parlamentari che oggi sono in un gruppo parlamentare diverso da quello misto, segno di una “scilipotizzazione a metà”: Adriano Zaccagnini (ora in SeL), Fabiola Anitori (ora in Area Popolare) e Lorenzo Battista (passato nel gruppo Per le Autonomie). Più alta è invece la percentuale di espulsi in rapporto al totale dei fuoriusciti: 9 su 36, praticamente uno su quattro – includendo anche Bartolomeo Pepe che, sebbene si sia tecnicamente dimesso, era già stato sfiduciato dal meet up locale – di cui ben 7 al Senato.
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