Il Jobs Act è partito. Vediamo quali sono i suoi primi effetti sul mondo del lavoro grazie al rapporto della Cgia di Mestre. “A partire dal mese di marzo ci sono due grosse novità in materia di lavoro: entrano in vigore i decreti attuativi del Jobs act; i lavoratori dipendenti possono chiedere al proprio titolare di ricevere in busta paga il trattamento di fine rapporto maturato in questo mese. Le aspettative legate alle nuove disposizioni in materia di lavoro sono molto elevate: grazie all’estensione delle tutele ai lavoratori che ne erano privi, all’eliminazione dei contratti precari e al prossimo riordino degli ammortizzatori sociali, il Governo spera di dare una scossa al mercato del lavoro incrementando la base occupazionale”.
“Dati statistici ancora non ce ne sono; gli unici che hanno cercato di capire se questo provvedimento avrà degli effetti positivi sono stati i ricercatori dell’Unioncamere nazionale. Con la periodica indagine sulle previsioni occupazionali delle imprese dell’industria e dei servizi riferita al primo trimestre di quest’anno, il saldo occupazionale in Italia dovrebbe essere pari a +8.390 unità: a fronte di 209.680 lavoratori in ingresso ci dovrebbero essere 201.300 lavoratori in uscita. Niente a che vedere con i risultati emersi nell’ indagine realizzata nello stesso periodo del 2014:, un anno fa il saldo era addirittura negativo e pari a -14.500″, continua la Cgia.
Jobs Act, Cgia: “Nessun rigore statistico”
“È utile sottolineare che questi dati non hanno nessun rigore statistico -dice il Segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi-.Tuttavia, essendo il risultato di un’indagine telefonica su un campione qualificato di titolari d’azienda, ci consente di testare lo stato d’animo delle imprese che, a quanto pare, sembra meno negativo di qualche mese fa. Certo, non sappiamo se il previsto aumento della platea occupazionale sia dovuto alle misure previste dal Jobs act, oppure sia da ricondurre alle agevolazioni contributive introdotte con la legge di stabilità 2015, che dal primo gennaio consentono alle aziende che assumono un lavoratore con un contratto a tempo indeterminato di non versare alcun contributo previdenziale per ben tre anni. Sta di fatto che qualche segnale positivo comincia a fare capolino anche nel mercato del lavoro del nostro Paese.”
Jobs Act: “Pochi chiederanno l’anticipazione del Tfr”
La Cgia ricorda che chi richiede l’anticipazione del Tfr in busta paga subisce una “tassazione ordinaria”. “L’anticipazione, pertanto, concorre alla formazione del reddito complessivo e viene tassato con l’aliquota marginale. Inoltre, subisce il prelievo delle addizionali Irpef (regionale e comunale) e riduce l’ammontare delle detrazioni spettanti”, continua la Cgia.”Se si attende la fine della vita lavorativa, invece, la tassazione è più favorevole. Il datore di lavoro effettua una tassazione provvisoria applicando al Tfr (quota capitale) un’ aliquota determinata con un complesso meccanismo. Per la maggior parte dei contribuenti tale aliquota oscilla tra il 23 e il 27 per cento e dipende dall’entità della retribuzione lorda relativa alle annualità lavorative”, aggiunge la nota. “Facendo un ipotetico confronto tra quanto pagano di tasse adesso e quanto pagheranno a fine carriera, il nostro operaio e anche l’impiegato che richiedono l’anticipazione si trovano con una tassazione aggiuntiva di 22 euro al mese, il quadro, invece, di 39 euro”, continua la Cgia. “Pare di capire – conclude Bortolussi – che saranno molto pochi coloro che chiederanno l’anticipazione. Da un punto di vista fiscale, purtroppo, l’operazione non è conveniente. Ancora una volta l’eccessivo peso delle nostre tasse pregiudica un’opportunità che potrebbe essere decisiva per rilanciare i consumi delle famiglie che, nonostante i segnali di ripresa, continuano a rimanere fermi al palo”.