PD, lo spirito della Leopolda e quello stucchevole format
Le kermesse di marca renziana presso la vecchia stazione Leopolda di Firenze hanno assunto la fisionomia di format vero e proprio a partire dal 2013: fu in quell’occasione che vennero ideati tavoli tematici sui più disparati temi dell’agenda politica. Dalla politica estera all’economia, passando per l’agricoltura e soprattutto all’importante tavola rotonda sulla “moneta digitale”, coordinata da Marco Di Stefano.
Precedentemente la Leopolda aveva assunto la fisionomia di una manifestazione politica non molto diversa da tutte le altre. Nell’ordine: nel 2010 l’evento ospitò vari interventi sotto il cappello della premiata ditta Renzi-Civati, con tanto di “documento programmatico” finale. Nel 2011 si lanciò lo slogan del “Big Bang”, si tenne la scaletta segreta fino all’ultimo e si assistete ad una tre giorni infernale di interventi uno dopo l’altro (ogni intervento non poteva durare più di cinque minuti, portando ad una moltiplicazione in cui il numero di interventi superava il livello numerico di freddure in una puntata di “Made in Sud”) e si concluse col progetto di “Wiki-Pd” (che come “La Buona Scuola”, in realtà non si è ancora capito cosa sia). Nel 2012 invece c’era da organizzare la campagna per le primarie di coalizione e si tennero anche riunioni in concomitanza per organizzare i lavori sul territorio. Nel 2013 il grande salto.
Negli ultimi due anni il format Leopolda ha fatto decisamente proseliti, e molti altri eventi politici sono stati organizzati inseguendo l’aspirazione dell’approfondimento politico attraverso tavoli tematici. Si è partito dalle unioni regionali e della federazioni locali: dalla Sicilia al nord Italia, passando per l’Umbria, sono notevoli gli eventi che adottano per filo e per segno questo format di marca renziana. E di recente anche l’organizzazione giovanile del partito se non addirittura altre formazioni politiche (basti pensare ai “Ricostruttori” di Raffaele Fitto) hanno portato avanti iniziative analoghe.
La cosa deve destare un certo interesse, in primo luogo per un motivo specificatamente politico: la Leopolda, soprattutto dal 2011 in poi, si contraddistingue per essere una manifestazione politica del tutto legata alla figura di Matteo Renzi e non come un evento del Partito Democratico.
Nel 2011 il logo del Big Bang non era accompagnato da alcun riferimento al Pd (che anzi: provvedeva ad organizzare prontamente manifestazioni alternative alla Leopolda per togliergli visibilità. Scuola Berlusconi). Nel 2012 addirittura nacque la polemica sull’assenza di bandiere del Pd nell’ex stazione ferroviaria, con tanto di replica formale secondo cui “Renzi non si candida alle primarie del Pd, ma della coalizione di centrosinistra”. Nel 2013 e nel 2014 qualche bandiera qua e la. Ma comunque si trattava di un’iniziativa non del Pd, ma di Renzi.
Nonostante tutto i vari dirigenti democratici, anche quelli che inizialmente criticavano l’allora sindaco di Firenze, sono giunti alla Leopolda 2014 partecipando attivamente. Come se fossero o renziani della prima ora o come se quell’evento fosse diventato automaticamente di marca Pd (ed essendosi l’evento tenuto sempre a Firenze, c’è da dubitarne di questo fatto).
Al tempo stesso sui territori anche personalità politica ben distanti dal Presidente del Consiglio utilizzano il suo format, non ponendosi alcun problema di coscienza sull’opportunità o meno di adottare un criterio d’organizzazione quanto mai legato ad un singolo esponente politico.
PD e Leopolda: un quadro desolante
Ne esce fuori un quadro desolante legato alla classe dirigente democratica: per quanto molti esponenti Pd legittimamente abbiano criticato Renzi nella sua prima fase politica nazionale, ora si registra un appiattimento acritico che li spinge fino alla terribile tendenza dell’emulazione del capo.
Un approccio quanto mai impolitico che tra l’altro rischia seriamente di danneggiare personalità pubbliche che a dire il vero non devono la propria esistenza politica alla parabola dell’ex sindaco fiorentino.
Da un’iniziativa personale del tutto solitaria si è giunti dunque al partito che addirittura tende ad inseguire il singolo leader. E quelli che portano avanti questo tipo di dinamica (a livello nazionale e sui territori) spesso sono proprio i detrattori della deriva leaderistica della sinistra nostrana.
E’ come se la condotta politica di gran parte del gruppo dirigente democratico non riesca ad inquadrare una via di mezzo tra il sabotaggio e l’appiattimento acritico. E non vale nemmeno il ragionamento secondo cui questo format sarebbe “di successo”. Perché, è cosa nota, nessuno ha utilizzato questi tavoli tematici per elaborarci sopra politiche, proposte o spunti vari.