Notti di Champions, ancora una volta, notti di record – da Cristiano Ronaldo all’Astana- e notti di gol (e autogol).
Gol su rigore, di testa, di destro e sinistro, su cross, sull’assist di tacco, dopo una fuga palla al piede.
Eppure questi gol, specialmente per le big, sanno poco di “fatto in casa”.
La Champions mette in campo formazioni sempre più eterogenee, formate da giocatori provenienti da ogni parte del mondo. E chi porta la bandiera?
Su 52 reti messe a segno, solo 14 (una su tre) provengono da giocatori provenienti dalla stessa nazione della squadra in cui militano.
Pur escludendo le 6 autoreti – di certo non poche – è facile notare come l’homemade sia sempre più un’utopia. Il talento estero fa gola, attrae ed è una mossa di marketing non indifferente.
E’ per questo che Simone Zaza, con la sua fuga di 40 metri, alza un grido campanilista.
Proprio quest’ultima che è il marchio di fabbrica del Barcellona, vittorioso in rimonta sul Bayer Leverkusen. Segnano Papadopoulos e Suarez, un greco e un argentino, ma il gioiellino è Sergi Roberto, catalano di origine e di cuore.
A differenza del Leverkusen, poi, è nota la filosofia del Bayern Monaco, che con Mario Gotze aggiunge un tassellino all’elenco: nel 5-0 sulla Dynamo Zagabria segnano il brasiliano Dougals Costa e il polacco Lewandowski, oltre all’ex Dortmund.
In terra tedesca c’è anche il Monchengladbach, sconfitto per due reti a uno dal Manchester City. Agli inglesi basta l’argentino Otamendi, ma per i padroni di casa il gol nasce dai piedi di Lars Stindl, nato sulle sponde del Reno.
E poi? C’è bisogno di Artem Dzyuba e Andriy Yarmolenko. Mentre l’ucraino è andato a segno, insieme al brasiliano Junior Moraes, nel match vinto per 2-0 dalla Dynamo Kiev in casa del Maccabi Tel Aviv, il russo si è reso partecipe dell’unica partita “casereccia”: per i russi dello Zenit, infatti, sono andati in rete proprio Dzyuba ed il connazionale Oleg Shatov, mentre dall’altra parte i belga dello Gent hanno accorciato le distanze grazie a Thomas Matton, onore di casa.
L’altra squadra inglese è l’Arsenal di Wenger, dove segna Theo Walcott. Peccato che si l’unico considerabile, tra le cinque reti del match con l’Olympiakos, perché gli altri gol li segnano il cileno Sanchez, il colombiano Pardo e l’islandese Finnbogason.
Nella partita tra Bate Borisov e Roma bisogna ancora accontentarsi di una rete su cinque: oltre al serbo Mladenovic, l’ivoriano Gervinho ed il greco Torosidis, infatti, è da sottolineare la rete del bielorusso Igor Stasevic.
La gara degli autogol tra Astana e Galatasray, infine, porta la firma di Bilal Kisa, turco DOC.
Chiude i conti Gonçalo Guedes, portoghese talentino del Benfica, che ha espugnato il Vicente Calderon battendo per 2-1 l’Atletico Madrid di Simeone. Le altre reti sono argentine, targate Correa e Gaitan.
E con lui un altro portoghese, Andrè Andrè, che insieme ai brasiliani Maicon e Willian ha chiuso con lo stesso risultato la partita contro il Chelsea dell’ex Mourinho.
Negli altri match, invece, abbiamo assistito alla vittoria del CSKA sul PSV. I padroni di casa ringraziano Mama Africa: il primo gol è del nigeriano Musa, poi la doppietta dell’ivoriano Doumbia. Per gli olandesi, invece, il sogno remuntada è sfiorato da un’altra doppietta, questa volta del Belga Lestienne.
Le big non si smentiscono: se al Real Madrid basta il recordman Cristiano Ronaldo – cugino portoghese – per espugnare lo stadio del Malmoe, al PSG servono due difensori, Aurier e David Luiz, rispettivamente provenienti dalla Costa d’Avorio e dal Brasile.
Il Valencia, infine, chiude la pratica Lione con una rete dell’algerino Feghouli e chiude il nostro giro sui campi europei, tinti sempre più di Africa e America del Sud.
Sia questo un bene o un male – e sarà la soggettività a risponderne – è chiaro che il calcio europeo abbia preso, ormai da tempo, una piega sempre più internazionale.
Luigi Forte