Non erano ancora gli anni novanta che la neo formazione politica di allora, la Lega Lombarda, istituiva già manifesti appesi in bella vista su tutte le sezioni del partito, quasi a gettare le basi di un’identità politica precisa che non doveva in nessun modo finire con il mischiarsi ad altri fenomeni tipicamente fascisti come l’allora Front National di Le Pen senior. Quel manifesto poneva come centro dell’idea leghista il federalismo, in aperta antitesi al centralismo del fascio, precisando che la presenza del partito Lepenista era diretta conseguenza di una legge elettorale poco democratica che andava contro ogni principio politico ispirato all’idea autonomista. Una presa di posizione netta che non fa parte però del solo passato leghista, perché è lo stesso presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, chioccia del leader mediatico designato Salvini, ad aver scritto un libro nel 2012 che è diventato a tutti gli effetti parte integrante dello statuto della Lega,«Il mio Nord. Il sogno dei nuovi barbari» (Maroni R. e Brambilla C., Sperling&Kupfer, Milano, 2012). Una situazione di antinomia che mostra evidenti alcune di base per un progetto politico riesumato dalle ceneri negli ultimi due anni a alla ricerca disperata di un nuovo riscontro elettorale basato su idee reali che traggono forza dalla “pancia” degli italiani più che dalla loro testa dinanzi a problemi quotidiani che affliggono i cittadini, in primis il discorso sicurezza.
Si parla di “questione tattica”, ipotesi che trova l’opposizione etimologica nell’ossimoro nazionalismo-indipendentismo. L’apprezzamento tattico è finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo dell’autogoverno, nel senso che verrebbe riconosciuta l’autonomia governativa delle singole realtà. La prospettiva europea, oggi contestata in toto, era nell’idea iniziale pienamente condivisa dalla Lega, ovviamente circoscritta a funzione di ente che contribuisse alla prosperità economica, culturale e sociale delle sue diverse anime. Invece così com’è l’Europa è per la Lega un mostro burocratico statale che fa delle nazioni strumenti per per le proprie risorse, seguendo uno schema centralistico e non federale. Allora il nazionalismo diviene solo un nemico del mio nemico, con cui la battaglia per dire no all’Europa va combattuta pienamente. Il problema sull’idea di cosa ci sia oltre non scuote, almeno per ora, i leghisti. La lega fonda la sua idea politica sul federalismo e sul principio autonomistico, situazione diametralmente opposta a quella nazionalistica che punta ad una centralità burocratica sotto lo stesso spirito nazionale appunto. L’unione, intesa come elettorale, ha il solo scopo di combattere la stessa battaglia, per cui l’ossimoro di quest’intesa sbiadisce dinanzi alla cementificazione di un muro che vada contro questo Stato oppressore, ma pur sempre rimane, non viene cancellata.
Ora, si che l’obiettivo è abbattere l’Europa e l’euro (che poi bisognerebbe capire fino a che punto l’idea arrivi a poter essere realtà fattibile), ma è anche vero che “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, e in questo senso l’identità dei leghisti rimane più grigia che mai, come quelle nuvole che si muovono in base al vento.