(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
La scorsa domenica si è celebrata la Giornata Internazionale della Donna in ricordo delle conquiste sociali e politiche, dei diritti civili, della storia e della resistenza del genere femminile. Tuttavia, le condizioni delle donne sono ancora compromesse in molti parti del mondo, soprattutto in Medio Oriente e Nord Africa dove, nonostante la donna rappresenti un importante agente di cambiamento della società araba, la battaglia per i diritti civili resta ancora oggi una questione aperta.
La Giornata della Donna nel MENA
La difficile storia dell’emancipazione femminile nel Medio Oriente affonda le proprie origini nella riforma ottomana del Codice di Famiglia del 1917: da allora, le donne in alcuni paesi del Medio Oriente e del Nord Africa hanno ottenuto alcuni successi nel campo dei diritti civili, ma ancora lungi dal raggiungimento di una parità di genere.
Le donne in Medio Oriente combattono ormai da generazioni per la loro emancipazione: le palestinesi contro l’occupazione militare e contro la società patriarcale; le turche contro l’omofobia del governo di Erdogan; le saudite per veder riconosciuti i loro diritti fondamentali; le siriane e le irachene contro le violenze, gli stupri e i rapimenti dell’ISIS; le peshmerga curde contro la folle idea del Califfato islamico, per la libertà del loro popolo e per il modello democratico.
In Iraq e in Siria, i recenti anni di guerra hanno causato un evidente logoramento dello status sociale, civile e politico della donna che trent’anni fa godeva di maggiori libertà e diritti. Soprattutto, nelle regioni occupate adesso dai miliziani jihadisti dell’ISIS tra i due paesi, la donna è stata costretta alla schiavitù ed orribili abusi dal Califfato che ha introdotto un’interpretazione della sharia lontana dai tradizionali dettami del Corano. Nel frattempo, lo scorso 6 marzo in Algeria è stata adottata una nuova legge che punisce severamente le violenze domestiche nei confronti delle donne.
Uomini in burqa
“Non possiamo marginalizzare e dimenticare le nostre donne. Questo evento si è tenuto in loro onore”, queste le parole rilasciate dal Centro Mazaya in Siria che, in vista dell’8 marzo, ha organizzato un evento a sostegno delle donne che partecipano in prima linea al movimento di protesta contro il regime di Bashar al-Assad.
Di recente, l’artista afghana Kubra Khademi ha camminato per la via principale di Kabul con una corazza che metteva in risalto le forme del suo corpo al fine di denunciare i frequenti abusi sessuali nel paese. Qualche giorno dopo, il 5 marzo, sempre a Kabul un gruppo di uomini ha manifestato a favore dei diritti delle donne afghane indossando dei burqa blu a sostegno dell’uguaglianza di genere. Similmente, ad Istanbul un gruppo di uomini ha sfilato per le strade principali con una minigonna per protestare contro la violenza sulle donne. La campagna era volta ad attirare l’attenzione sul fenomeno diffuso degli stupri aumentati del 400% da quando, nel 2002, è al potere il partito islamico AKP del Presidente Erdogan.
L’attivismo femminile contro i soprusi e i crimini nei riguardi delle donne resta comunque lo strumento chiave, di speranza, per il miglioramento della condizione della donna musulmana e la sua emancipazione nel Medio Oriente e Nord Africa.
Federica Gagliardini
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)