In Ucraina, nelle regioni dell’Est, i filorussi continuano ad attaccare e a occupare edifici governativi senza, praticamente, incontrare resistenza da parte dalle forze dell’ordine. A Gorlivska, come a Lugansk, si ripete la stessa scena da settimane: una colonna di attivisti pro-Mosca preceduta da uomini armati di kalashnikov si dirige verso palazzi del governo regionale, municipi, procure, stazioni di polizia che, quasi senza problemi, vengono presi d’assalto e occupati; subito dopo viene ammainata la bandiera Ucraina e viene issato il tricolore di Mosca. Anche in queste ore gli attivisti e i miliziani “volontari” delle regioni sud-orientali ucraine, contrari al governo di EuroMaidan e favorevoli all’ipotesi secessionista se non a quella di un’annessione alla federazione russa, continuano la loro offensiva: in questo momento sono almeno 10 le città sotto il loro, totale o parziale, controllo .
Il Presidente ad interim Turchynov, durante una riunione con i vertici delle regioni, non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione in cui versano le regioni ucraine più “vicine” alla Russia: in esse vi operano “mercenari” e “unità speciali (sotto il diretto controllo di Putin)” che possono contare sull’appoggio di polizia e forze di sicurezza. Turchynov ha perciò ordinato ai governatori delle regioni centrali di impedire che la “rivolta” si estenda fino a Kharkiv e a Odessa.
Insomma il Presidente ucraino si è trovato, in qualche modo e tra le righe, ad ammettere che Kiev ha “perso” le regioni sud-orientali che nella prima metà di Maggio sosterranno l’impegno referendario sull’indipendenza, naturalmente mai autorizzato dalla capitale: un eventuale ulteriore sforzo dell’esercito ucraino nell’Oblast di Donetsk potrebbe determinare il tanto annunciato, da parte degli Usa, intervento militare russo nel territorio di Kiev e quindi, come riferisce lo stesso Turchynov, la reazione armata dell’Ucraina le cui truppe sono già in “massima allerta”.
Da Mosca, intanto, si promette una pronta risposta alle sanzioni, dirette a politici e uomini d’affari russi, varate in particolare, da Usa e Giappone (meno impegnati sul fronte degli interessi economici con il governo di Putin rispetto ai paesi dell’Unione Europea): a farne le spese potrebbero essere, in primis, gli astronauti della stazione Iss che “adesso potranno andarci col trampolino”, ha scritto su Twitter il vicepremier russo Dmitri Rogozin marcando il “monopolio russo” nel lancio delle navette spaziali. Intanto il ministro degli Esteri di Mosca, Lavrov, recatosi a Cuba (uno scenario da “cortina di ferro”) oltre a denunciare il decennale embargo che colpisce l’isola, ha invitato l’Ue a cercare i responsabili della crisi che ha colpito l’Ucraina a Washington “dove il cambio di potere a Kiev è stato manovrato sin dall’inizio”.
Guglielmo Sano