Fair play finanziario vs Salary Cap: due sistemi a confronto #1

Fair Play finanziario e Salary Cap due sistemi di gestione dello sport a confronto, ma quali sono le principali differenze? Sta effettivamente funzionando la regola voluta da Michel Platini oppure sarebbe più utile passare al sistema “americano” utilizzato, per esempio in NBA, realizzando una rivoluzione completa e totale? In realtà oltre alle differenze di gestione economica, le due teorie nascono e nascondo differenze di approccio o se vorremmo dire anche filosofiche.

Fair Play finanziario: storia, pregi e difetti della norma Uefa

Partiamo con il definire precisamente il FPF per capire precisamente di cosa stiamo parlando. La leggenda vuole che mentre Florentino Perez, il Presidentissimo del Real, stesse concludendo l’affare Cristiano Ronaldo, a Nyon Michel Platini si interrogava su come fermare le “spese pazze” nel calcio europeo. Da questa esigenza e con questo preciso obiettivo nasce il Fair Play Finanziario.  Dalla stagione 2010/11, tutti i club europei che si qualificano ad una competizione europea devono dimostrare di avere le carte in regola, o per meglio dire i conti a posto. Questo si traduce nel rispetto di tre parametri: continuità aziendale ( fornitura di informazioni finanziarie che riguardano il futuro), equilibrio tra costi e ricavi a azzeramento di debiti verso altri club, giocatori o autorità sociali e fiscali. Un altro punto centrale della normativa è la break even rule, ovvero i club non possono spendere più di quanto guadagnano.  Su questo punto, però, sono state previste alcune deroghe, si parla infatti di “Deviazione Accettabile”. La normativa, infatti, lascia comunque un margine di tolleranza nella gestione di eventuali perdite di esercizio, consentendo deficit fino a 5 milioni, se non coperti dagli azionisti, fino a 35-40 milioni nel primo ciclo 2013/14- 2014-15, fino a 30 milioni nel ciclo 2015-16/-2016/17-2017/2018 se coperti dall’apporto di capitale. Questo almeno secondo il programma originario poiché nell’estate scorsa il governo calcistico europeo, ha allentato le regole. Le nuove norme consentono ai club, se non puniti negli ultimi tre anni,  di avere un deficit più ampio dei 30 milioni di euro a questo punto consentiti. Dovranno essere presentate, però, garanzie su un eventuale previsione di crescita dei ricavi. Non faranno parte dei costi calcolati le spese del settore giovanile e quelle sostenute per la promozione del calcio femminile.

 Le critiche e risultati raggiunti dal fair play finanziario

Dall’ultimo UEFA FINANCIAL REPORT si possono ricavare dati  molto interessanti. Come sottolineato, dall’esperto di Sport Management, Marco Belinazzo, nel periodo di applicazione del FPF ” il risultato netto complessivo (per quanto ancora negativo) presenta un netto miglioramento: nel giro di quattro anni le perdite si sono ridotte da 1,67 miliardi di euro ai 485 milioni di euro registrati nel 2014. Nella sua disamina l’esperto sottolinea come “Il debito netto dei club è diminuito di oltre un miliardo di euro nel corso dei primi tre anni di applicazione del fair play finanziario. In questo periodo preso in considerazione, inoltre, l’attivo complessivo delle società europee è aumentato di oltre 1,6 miliardi di euro. Nel 2014, gli attivi societari superano debiti e passivi di 4,9 miliardi di euro.

Tutto positivo,quindi? Non proprio così. Una delle prime criticità che alcuni giornalisti hanno fatto emergere riguarda l’ambito sanzionatorio. Quando il FpF venne introdotto si minaccia a più non posso l’esclusione dalle Coppe Europee. In realtà, i massimi organismi del calcio continentale hanno cambiato idea velocemente passando per sanzioni pecuniarie ( immaginatevi quanto poco appeal avrebbe una Champions senza Barca, Real, Psg e Man City). A questo punto, può essere utile, fare un esempio: quanto può pesare una multa, anche salata, immaginiamo di 80 milioni di euro, al PSG o al Man City? Poco. Immaginiamo la stessa sanzione alla Roma o all’Inter, probabilmente danneggerebbe i risultati della squadra per anni. Così facendo le disuguaglianze tra le società sportive aumenterebbero, ma soprattutto i massimi organismi hanno Già il problema del divario tecnico. Anche un altro esperto, Paolo Ciabattini su Calcio e Finanza ha insistito su questo tema: ” Oggi ci sono club con fatturati intorno ai 600 milioni, come Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United, subito dietro Chelsea, Juventus, Manchester City e Psg che non potranno mai raggiungerli senza realizzare perdite di bilancio attualmente impossibili con il FPF“. Nonostante questa criticità non è mancato un apprezzamento per la norma voluta dall’ UEFA:  Ciò che apprezzo di più del fair play finanziario è evitare che alle differenze esistenti per fatturato, bacini, importanza del brand e vittorie conseguite nei primi cento anni di storia del calcio vi si aggiungessero anche quelle dovute agli interventi dei mecenati. Squadre come l’Inter, ad esempio, a un fatturato di 200 milioni di euro aggiungevano perdite di bilancio che rappresentavano più del quadruplo dei costi della Fiorentina e questo non lo trovavo giusto». Insomma per l’economista bocconiano si parla di Un sistema da migliorare ma che nel complesso sta funzionando.  

Chiudiamo questa prima parte dell’approfondimento citando alcuni casi un pò particolari:

Fine prima parte- nella seconda si analizzerà il sistema della Salary Cup

Fonti:

http://www.linkiesta.it/it/article/2013/03/08/ecco-come-il-calcio-aggira-il-fair-play-finanziario/12077/

Uefa, risultati da record nel triennio del fair play finanziario: 16 miliardi di ricavi e risultato operativo da 805 milioni per i club

Fair play finanziario, un consulente UEFA ne spiega il peggior difetto