Dopo la Germania, con i decreti attuativi del Jobs Act il salario minimo sbarca in Italia. La soglia in questione oscilla tra i 7 e i 6 euro e mezzo l’ora. Da questo punto di vista il panorama del lavoro italiano si adegua al resto d’Europa.
Non è il reddito di cittadinanza
Bisogna ricordare che salario minimo non vuol dire reddito di cittadinanza: insomma non corrisponde alla proposta del MoVimento 5 Stelle, il pilastro del loro programma politico.
Il reddito minimo sostiene chi non ha un lavoro, il salario minimo riguarda chi il lavoro lo ha. È quella soglia di paga oraria che i datori devono rispettare. Il governo pensa di introdurla attraverso il decreto attuativo sulle politiche attive della riforma del lavoro, solamente per quei settori che non sono regolati dal contratto nazionale.
In Germania si aggira facilmente
La coalizione che guida la locomotiva europea, composta dalla Cdu di Angela Merkel, i socialdemocratici e la Csu, proprio il 1° Gennaio 2015 ha disposto l’introduzione del salario minimo ad una soglia di 8 euro e mezzo. Si è aggiunta agli altri 20 paesi dell’Unione che già disponevano di questo meccanismo – fra tutti la Francia che ha fissato il limiti a ben 9,35 euro. Ora ne mancano sei, tra cui appunto l’Italia.
Alcuni giornali tedeschi – per esempio la Zeit e la Welt – hanno denunciato la facilità con cui nel paese tedesco si possa aggirare il limite. Innanzitutto perché mancano dei controlli efficienti e poi con l’aggiunta di altre ore lavorative che non vengono segnalate. È purtroppo semplice chiedersi: succederà anche in Italia? In parte la risposta già si conosce, data l’enorme presenza del lavoro nero e dell’economia sommersa.
Scacco ai sindacati
Infine il provvedimento che prenderà il governo non sarà neanche apprezzato dai sindacati, in primis dalla Cgil, che vedrà diminuito il suo potere di contrattazione. Difatti ieri il segretario della Fiom Maurizio Landini ha riproposto una campagna per il referendum abrogativo su tutto l’impianto del Jobs act.