E’ un’impresa ardua, se non addirittura impossibile, raccontare in poche e semplici parole la vita di Ayrton Senna, uno sportivo immenso, considerato il più forte pilota di Formula 1 mai esistito. Quella assurda domenica 1 maggio del 1994 a Imola, in quella maledetta curva Tamburello, il grande Ayrton ci salutava per sempre. A distanza di venti vuoti e freddi anni, senza essere riscaldati dalla sua luce quasi divina, il ricordo del pilota brasiliano è più vivo che mai. Le immense imprese compiute nella sua breve ma intensa vita, sia dentro che fuori le monoposto, fanno di Ayrton Senna da Silva una figura mitologica.
“SOGNARE E’ NECESSARIO, ANCHE SE NEL SOGNO VA INTRAVISTA LA REALTA’” – Sfrecciare a 300 all’ora a bordo di una Formula 1 è il sogno di molti bambini, e lo è stato anche di Ayrton, nato a San Paolo il 21 marzo del 1960, da una famiglia che l’ha sempre seguito, dagli inizi fino al suo ultimo sfortunato Gran Premio. La sua carriera comincia, come ogni pilota, da quel duro ma affascinante mondo dei kart e da quei polverosi circuiti fuori città, dove il giovane Ayrton si mette in mostra con una guida a tratti spregiudicata. La sua famiglia vede nel figlio una promessa dell’automobilismo e lo sostiene economicamente nelle sue primissime esperienze anche se, come Senna dirà molti anni dopo, “tutto quello che ho ottenuto dalla vita l’ho guadagnato con l’impegno e il desiderio fortissimo di raggiungere i miei obbiettivi , di vincere, nella vita, non come pilota”. Sognare per il pilota brasiliano è sempre stato uno dei principi della vita, e nel 1984, l’anno del suo esordio in Formula 1, accade qualcosa di indescrivibile, sicuramente voluto da quella potente mano divina che ha magistralmente diretto i momenti più importanti della sua vita. Sotto una pioggia torrenziale nel circuito cittadino più famoso al mondo, quello di Monte Carlo, Senna a bordo di una lenta Toleman disputa una gara perfetta, che viene interrotta per le condizioni a dir poco proibitive. Il brasiliano conquista la seconda posizione dietro ad Alain Prost. Piccoli assaggi di un duello d’altri tempi, forse più emozionante di quello a fine degli anni Settanta tra Niky Lauda e James Hunt.
“E’ LA VOGLIA DI VINCERE CHE MI SPINGE AD ANDARE AVANTI. E’ QUESTA LA MIA MAGGIORE MOTIVAZIONE, LA VOGLIA DI VINCERE E’ CIO’ CHE MI SPINGE A GAREGGIARE” – Quando Ayrton passa alla Lotus, nel 1985, in tanti scommettono su di lui ma ben presto le cose non vanno come sarebbero dovute andare. Certo, il biennio alla scuderia inglese non può considerarsi un fallimento, visti i GP vinti ( 6 in totale ) e i buoni piazzamenti nel Mondiale piloti. Il pilota non riesce a sfondare, a causa di una macchina velocissima in prova ma inaffidabile in gara. La telefonata che non ti aspetti arriva ad inizio del 1988, quando un giovane ma già vincente Ron Dennis, gli avanza la proposta della vita: “ti aspettiamo in McLaren, il tuo compagno di squadra sarà Alain Prost”. Per Senna è il coronamento di un sogno, ma è anche l’inizio della leggenda: a partire da quella stagione comincerà il duello più affascinante ma, al tempo stesso, più violento mai visto in Formula 1. Tra l’emergente brasiliano e il già affermato francese sarà un rapporto di amore e odio, tra abbracci e scazzottate. Se all’inizio i due si rendono protagonisti di divertenti siparietti davanti ai giornalisti di tutto il mondo, dopo il GP del Portogallo ad Estoril e quelle manovre al limite della legalità, i due si odieranno tantissimo e vivranno da separati in casa.
La prima stagione con la McLaren sarà un trionfo per Senna, con il Mondiale piloti vinto a Suzuka, alla penultima gara, dopo una gara capace di emozionarti anche dopo molti anni. La stagione seguente, datata 1989, verrà ricordata come la più folle in assoluto: Prost arriva in Giappone con un po’ di vantaggio in classifica su Senna, ma in gara si scatena una battaglia non adatta ai deboli di cuore. Quando mancano pochi giri al termine del GP, ecco il sorpasso più discusso della storia, al termine del quale Prost sarà costretto a ritirarsi mentre Senna, spinto dai commissari e dopo aver tagliato la chicane, riuscirà a tornare in pista e tagliare per primo il traguardo. A fine gara i due piloti McLaren verranno convocati dal francese Jean-Marie Balestre, il presidente della FIA, da sempre grande amico di Prost e nemico dichiarato dello spregiudicato Senna. Come andò a finire? Senna squalificato per aver tagliato la chicane e Prost campione del mondo. “Balestre mi rubò un titolo nel 1989”, dirà Ayrton qualche anno dopo.
“LA VITA E’ TROPPO BREVE PER AVERE NEMICI” – L’inverno del 1989 è il più duro per il brasiliano che pensa anche al ritiro dalle corse, dopo essere stato ingiustamente squalificato dalla FIA e dopo aver perso, forse, la voglia di vincere. In Brasile, immerso dall’affetto della sua famiglia, ritrova la voglia di correre e, soprattutto, sé stesso grazie alla smisurata fede e a quel particolare rapporto con Dio. Le stagioni 1990 e 1991 sono un autentico capolavoro di velocità e pazzia, ma anche di freddezza e razionalità, con un’impresa dietro l’altra. Senna, con il suo inconfondibile stile di guida, diventa il pilota più amato della Terra e il suo Brasile, distrutto dalla fame e dalla miseria, ritrova il sorriso nel vederlo trionfare.
Il pilota della McLaren scrive una tra le più belle pagine della storia della Formula 1 quando, nel 1991, davanti ai suoi tifosi, nel GP del Brasile, trionfa dopo aver condotto buona parte della gara con un serio problema al cambio. Salito sul podio, dopo essere svenuto a causa della fatica, Ayrton trova la forza per alzare al cielo la coppa grazie alla sua gente che grida il suo nome. Nel cuore del pilota, oltre a Dio, c’è spazio per il suo povero Paese e per i milioni di bambini brasiliani costretti a vivere per strada. Nasce così l’impegno, tenuto sempre nascosto, di aiutare il suo Brasile con tantissime donazioni di denaro, perché “i ricchi non possono vivere in un’isola circondata da un oceano di povertà, respiriamo tutti la stessa aria”. Infinita la saggezza dell’uomo Ayrton Senna, che ripeteva spesso ai suoi amici, “nella tua vita, non potrai mai cambiare le cose da solo, ma puoi cambiarne solo un pezzetto. Quello che faccio io per la povertà, non lo dirò mai”.
“BATTERMI AL VOLANTE E’ NEL MIO SANGUE” – Dopo aver vinto per due stagioni di fila, Senna fatica a competere con le Williams, troppo veloci rispetto alla sua McLaren: sono anni difficilissimi per il brasiliano, da sempre abituato a vincere. Nel 1994, ecco che il destino riserva al brasiliano un’altra grande occasione: Alain Prost, pilota Williams, si ritira e viene chiamato proprio Senna a sostituirlo. E’ il momento giusto per ritornare sul tetto del mondo, ma le prime gare della stagione sono una delusione e vedono trionfare il giovane Michael Schumacher alla guida della Benetton.
Si giunge, così, al weekend di Imola e a quella tre giorni infernale, che nessuno dimenticherà mai e che comincerà con il pauroso incidente durante le prove libere del venerdì. Rubens Barrichello “volerà” con la sua Jordan alla variante bassa ma, fortunatamente, il pilota riporterà solo qualche ferita e tanta paura. Il clima tra i box è di grande preoccupazione, con molti piloti, Senna compreso, che discutono sulla sicurezza, argomento sul quale si farà molto, purtroppo, soltanto dopo quei giorni. Sabato è il giorno delle qualifiche e, inevitabilmente, la tensione sale, soprattutto ai box Williams dove dopo i primi due GP, si parla già di crisi tra la scuderia e Ayrton Senna. Il brasiliano, però, ottiene la pole position e può finalmente tornare a sorridere dopo dei mesi molto duri. Le prove si stanno svolgendo al termine quando in pista scende l’austriaco Roland Ratzenberger con la sua Simtek. Il pilota, coetaneo di Senna ( entrambi, infatti, classe 1960 ) è alla sua prima stagione in Formula 1, un sogno che si è realizzato un po’ tardi, a 34 anni e che si interrompe drammaticamente alla curva Villeneuve. La sua monoposto si schianta a più di 300 km/h e per l’austriaco da subito le condizioni appaiono disperate. Nemmeno il trasporto all’Ospedale Maggiore di Bologna lo salva, e Ratzenberger muore subito dopo essere arrivato nel capoluogo emiliano.
“CI SONO RISCHI CALCOLATI E ALTRI CHE PROVOCANO SITUAZIONI INASPETTATE E TU PUOI NON ESSERCI PIU’ COSI’, IN UN ISTANTE DI SECONDO” – Chi è stato sempre vicino ad Ayrton, anche in quel disgraziato week end, ha recentemente confessato che il pilota non voleva correre quel GP perché visibilmente scosso dalla morte del collega Ratzenberger e molto preoccupato per la sicurezza su quel tracciato. Tuttavia il pilota tre volte campione del mondo, sapeva benissimo che quel week end poteva riportarlo davanti a tutti, rilanciandolo dopo gli ultimi anni bui passati a Woking. Al pronti via del GP di San Marino, il primo incidente, con le monoposto di Lehto e Lamy coinvolte, quattro spettatori feriti e l’ingresso della safety car. Sono istanti di grande tensione tra i piloti, desiderosi di riportare la serenità e lo spettacolo in un ambiente colpito duramente e senza pietà solamente 24 ore prima. Sono le 14.17 quando la safety car abbandona il circuito e per Senna inizia il settimo giro, l’ultimo della sua vita. Finalmente la sua Williams è al comando, e il pilota può gestire una gara senza dover inseguire nessuno. Quando il brasiliano affronta la curva Tamburello, da lui definita pericolosa qualche tempo prima, quella potente e silenziosa mano lo chiama a sé, strappandolo con violenza dal mondo terrestre. Ayrton Senna viene estratto con fatica da quel che resta della sua monoposto: il pilota è in condizioni gravissime.
Sid Watkins, il medico ufficiale della FIA e amico di Senna, racconterà qualche tempo dopo gli ultimi istanti della vita del campione brasiliano. “Senna emise un sospiro, e il suo corpo si rilassò. Fu in quel momento che, io non sono religioso, ma in quel momento pensai che il suo spirito avesse lasciato il corpo”. Ayrton Senna, dopo aver salutato per sempre una monoposto di Formula 1 e dopo aver detto addio ad ognuno dei suoi tifosi sparsi per il mondo, verrà trasportato in fin di vita in elicottero all’Ospedale Maggiore di Bologna, dove morirà attorno alle 18.40. Quella sera, tutto il mondo si vestiva a lutto per la perdita di una persona cara. Quel 1 maggio 1994 il Brasile perdeva uno dei suoi figli più amati, e non bastarono tre giorni di lutto nazionale e di tante, tantissime lacrime in ogni casa brasiliana. A San Paolo, il giorno dei funerali, tre milioni di persone se non di più scesero in strada a dare l’ultimo saluto al loro eroe. Da quel 1 maggio 1994, tutti ci sentiamo più soli.