Elezioni Israele: fermenti e speranze

Pubblicato il 17 Marzo 2015 alle 10:57 Autore: Piergiuseppe Parisi

Elezioni Israele: il leader del Likud e attuale Primo Ministro e , Benjamin Netanyahu “scopre” le sue ultime carte e attacca il partito di centro-sinistra, Unione Sionista, capeggiato da Herzog e Livni. Il tutto mentre la Lista Unita Araba sembra raggiungere nei sondaggi una posizione di tutto rispetto, posizionandosi come terzo partito, sebbene Ayman Odeh tema il boicottaggio delle elezioni da parte della popolazione arabo-israeliana.

Elezioni Israele: ultimi sondaggi

Le forze politiche in gioco sono in fermento mentre si avvicina l’ora per gli israeliani di andare alle urne. Netanyahu, favorito all’inizio della campagna elettorale, sembra aver perso consensi negli ultimi giorni, al punto che taluni sondaggi lo danno sfavorito di ben quattro seggi nella Knesset rispetto all’altra grande forza politica, l’Unione Sionista.

Unione Sionista, nuovi sviluppi

È di questa sera la notizia che Tzipi Livni, co-leader dell’Unione Sionista, avrebbe dichiarato di essere disposta a rinunciare alla premiership condivisa a favore di Herzog, qualora questo passo possa favorire le negoziazioni per assicurarsi una maggioranza in parlamento.

Gli attacchi di Netanyahu

Immediata la risposta dell’attuale Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, che avrebbe accusato l’Unione Sionista di essere un partito di bugiardi, incapace di reggere la pressione delle imminenti elezioni. Allo stesso tempo, il leader del Likud avrebbe dichiarato con lampante chiarezza la sua posizione nei confronti di un ipotetico stato palestinese: nessuna concessione è la linea di Benjamin Netanyahu.

Penso che chiunque si mobiliti per la creazione di uno stato palestinese ed evacui i territori non faccia altro che cedere terreno a favore di attacchi di islamisti radicali” è l’ultima dichiarazione di questo pomeriggio, in completo disaccordo con la linea sostenuta dallo stesso Netanyahu nel 2009, laddove si era espresso a favore di una soluzione del conflitto “a due stati”. Ma non è tutto. L’attuale premier avrebbe promesso la costruzione di migliaia di nuove unità abitative a Gerusalemme Est, territorio, lo ricordiamo, illegalmente occupato.

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La campagna xenofoba di Lieberman

Ancora più duri appaiono gli ultimi interventi di Avigdor Lieberman, a capo del partito Israel Beytenu, il quale, temendo di non superare la soglia per entrare in parlamento, si è lanciato in una campagna d’odio contro la Lista Unita Araba e i palestinesi, in generale, facendo del razzismo la sua arma politica. Durante un dibattito televisivo, sabato scorso, Lieberman si sarebbe scagliato contro Ayman Odeh, accusandolo di essere un traditore ed un bugiardo, e di fomentare l’odio nei confronti di Israele.

La speranza araba

Nel frattempo, proprio la lista di Odeh sembra guadagnare la terza posizione nei sondaggi che precedono le elezioni. Ed è proprio la Lista Unita Araba che attira le attenzioni dei Palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, i quali, sebbene globalmente disinteressati, per non dire disillusi, alle elezioni della Knesset, guardano al partito di Odeh come un modello che i governanti palestinesi, di Fatah e Hamas, dovrebbero seguire per poter superare le differenze che li dividono.

Uno sguardo dalla Palestina

Più interessato alle elezioni, nel loro complesso, appare l’establishment dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che ha annunciato una possibile frenata, in particolar modo con riguardo alle iniziative prese in seno alla Corte Penale Internazionale, qualora il centro sinistra di Herzog dovesse vincere le elezioni, onde testare la disponibilità di un nuovo governo ai negoziati.

Non bisognerebbe, però, dimenticare che proprio Tzipi Livni, per lungo tempo, è stata coinvolta nei negoziati con l’ANP, dimostrando sempre una linea intransigente. E non si dimentichi neppure il ruolo apicale che proprio la Livni ha rivestito nel 2008-2009, nel corso dell’operazione militare israeliana su Gaza, nota come “Piombo Fuso”, tristemente nota per l’altissimo numero di vittime civili tra la popolazione di Gaza.