La bufala web della settimana ha come protagonista un operaio di Santa Croce sull’Arno (San Miniato, in un’altra versione), in provincia di Pisa, “reo” di essere partito in crociera con la moglie per ben due volte, tanto da attirare su di sé le sospettose attenzioni dell’Agenzia delle Entrate. Circa un mese dopo il secondo viaggio, l’uomo si trova alla porta gli arcigni funzionari del fisco per una verifica scrupolosissima, dalla quale non emerge nulla di compromettente.
La seconda crociera, infatti – stando al racconto fornito dalla stampa locale e da alcuni siti di informazione nazionali – sarebbe stata acquistata a prezzi di listino. Un viaggio low cost, insomma: nulla di proibitivo per le tasche del lavoratore dipendente, costretto a veder passare il frutto legittimo di mesi di fatica sotto le lenti fameliche dell’Agenzia delle Entrate.
La nota dell’Agenzia delle Entrate
Peccato che nulla di tutto questo sia mai accaduto. A smascherare la balla è la stessa Agenzia delle Entrate, la quale in un comunicato afferma che “non è stato effettuato alcun accesso presso il domicilio di contribuenti per richiedere informazioni su spese per viaggi e crociere”, anche perché “nessuna attività di ispezione e verifica, infatti, può essere realizzata dalle Entrate presso le abitazioni private dei contribuenti, se non in presenza di un’espressa autorizzazione da parte della Procura della Repubblica, rilasciata solo in casi estremamente gravi di evasione fiscale, che lascino supporre un reato penale”.
Troppo tardi, perché ormai la bufala web – che già plana da ore sulle ali dell’indignazione – è finita nei radar di Nicola Morra del M5S e di Federico Gelli, parlamentare pisano del Pd. “Tralasciando il fatto che forse l’Agenzia delle Entrate dovrebbe conoscere meglio il concetto di ‘offerta speciale’ – esordisce Gelli – e che le crociere non sono più da considerarsi un lusso per pochi, credo sia necessaria una revisione del sistema di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria”. “Se gli uomini dell’Agenzia delle entrate si devono presentare alla porta per chiedere spiegazioni contabili e fiscali ai cittadini, essendo il servizio stesso pagato dai contribuenti – sferza l’esponente democratico – mi aspetterei una maggiore attenzione e un monitoraggio più intelligente, capace davvero di selezionare informazioni e andare a colpire chi realmente froda il fisco a danno di tutti noi. Un dato su tutti. In Italia accade talvolta che i titolari d’azienda si trovino a denunciare meno dei loro stessi dipendenti. Può bastare?”, conclude Gelli, amletico.
Il post di Morra (M5S)
Ma il capolavoro lo firma Nicola Morra, che su Facebook si lancia in una narrazione stile Camilleri: “Un operaio di Pisa si sente bussare alla porta, di sera. Sono gli agenti dell’agenzia delle entrate. Cosa è successo?”. Segue la drammatica storia dell’uomo vittima del Fisco, minacciato fin dentro il focolare domestico. A questo punto parte l’invettiva, e tutto finisce un po’ in caciara: “Ma possibile che un cittadino non sia libero di spendere come vuole i soldi che si è sudato onestamente? – si chiede Morra – Tutto questo mentre nelle stesse ore la procura di Firenze ha portato alla luce l’ennesimo scandalo di corruzione sui grandi appalti, fra i quali l’Expo e la Tav, ordinando l’arresto di quattro persone fra cui Ercole Incalza, dirigente del ministero dei lavori pubblici per sette governi. Sono queste le persone che dovete perseguitare, non i lavoratori onesti!”. Capito, Agenzia delle Entrate?
Un operaio di Pisa si sente bussare alla porta, di sera. Sono gli agenti dell’agenzia delle entrate. Cosa è… http://t.co/mml2LQQyIZ
— Nicola Morra (@NicolaMorra63) 16 Marzo 2015
Poi Morra apprende della bufala e in coda al post di Facebook aggiunge un laconico post scriptum: “Dopo l’uscita della notizia, battuta dalle principali agenzie di stampa e testate, l’agenzia delle entrate invia un comunicato dove smentisce l’accaduto: Nessuna verifica a casa dell’operaio di Padova”. Che poi era di Pisa, ma qui si rischia di sconfinare nel metafisico.