Uno spettro si aggira tra i vendoliani, quello della scissione. Parafrasando impropriamente Marx, le prossime settimane saranno cruciali per il partito attualmente più a sinistra nell’arco parlamentare italiano. Dalla segreteria di Sinistra Ecologia e Libertà non tardano ad arrivare ripetute e puntuali smentite. Ma le voci continuano a rimbalzare su diversi organi di stampa, e non appaiono così infondate. Le ultime indiscrezioni arrivano dal Fatto Quotidiano, che non possiamo certo annoverare tra i giornali “amici” di Sel. Fu proprio il giornale diretto da Padellaro a pubblicare la tanto discussa telefonata tra il governatore pugliese e Girolamo Archinà, consulente dell’Ilva.
È proprio il Fatto Quotidiano a parlare dell’imminente abbandono del partito da parte di una ventina di parlamentari, rivelando anche i nomi dei probabili “disertori”. Tra questi, ci sarebbero il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, Claudio Fava, Gianni Melilla, oltre ai senatori Luciano Uras, Peppe De Cristofaro e Massimo Cervellini. Un numero cospicuo di defezioni, tra l’altro, metterebbe a rischio lo stesso gruppo Sel alla Camera, che oggi conta 37 iscritti, e che secondo la legge deve mantenerne almeno 20 per non finire nel gruppo misto. Il problema, invece, non si porrebbe al Senato, dove i vendoliani possono contare su soli 7 eletti, costituendo parte integrante del gruppo misto già dall’inizio della legislatura.
Il casus belli di questo scontro interno sarebbe il decreto sugli ottanta euro in busta paga promessi da Renzi, al quale i “dissidenti” Sel sarebbero pronti a votare favorevole. Il passaggio successivo – stando alle ipotesi del Fatto – sarebbe poi un patto con Pippo Civati, al fine di allargare la minoranza interna Pd. Sembra ormai lontana invece la convergenza con civatiani e M5S tesa a creare una nuova forza politica a sinistra del Pd.
In realtà, i dissapori interni nascono già dal congresso del partito tenutosi nel gennaio scorso, in occasione del quale l’assemblea ha scelto di aderire all’aggregazione elettorale nata a sostegno di Alexis Tsipras (decisione che, tuttavia, non comporta di per sé un automatico ingresso nel gruppo europeo della sinistra radicale (GUE/NGL), contrariamente alle intenzioni manifestate nei mesi precedenti anche dallo stesso Vendola, il quale prospettava un’adesione nel Partito Socialista Europeo, per mantenere l’originaria vocazione riformista. Una scelta, quella del Pse, mirata anche allo scopo di ricomporre l’alleanza con il Pd sgretolatasi dopo il governo delle larghe intese, ma ancora solida nelle amministrazioni locali.
Dopo l’elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd, d’altronde, c’erano state chiare aperture al confronto da parte di Nichi Vendola e di Giuliano Pisapia, probabilmente gli esponenti più in vista di Sel. Per non parlare della partecipazione di Gennaro Migliore all’ultima “Leopolda”, in occasione della quale aveva dichiarato di aver trovato “la stessa energia dei social forum che si tennero anni fa nello stesso luogo”, cioè quando militava in Rifondazione Comunista.
I sondaggi, inoltre, si fanno sempre più impietosi, e l’entusiasmo che il popolo della sinistra riservava a Vendola fino a qualche anno fa sembra ormai definitivamente spento. In ogni caso, tutto dipenderà dall’esito delle europee. L’obiettivo è superare il 4%, possibilmente eleggendo anche dei rappresentanti di area Sel. Se così non dovesse andare, è plausibile che la resa dei conti non tardi ad arrivare. Magari già a partire dal 27 maggio.
Antonio Folchetti