Tunisia: continuano le indagini sul tragico attentato di ieri. Il paese ritorna a vivere momenti di terrore: dopo 4 anni, che fine hanno fatto le speranze della “rivoluzione dei gelsomini”?
L’attentato al museo
L’incubo è cominciato alle 12.30 quando due uomini armati hanno cominciato a sparare contro un gruppo di turisti di fronte al Museo del Bardo. In molti si sono rifugiati all’interno del museo, inseguiti dagli assalitori che poi li hanno sequestrati.
Per circa 3 ore un centinaio di persone è rimasta ostaggio di due uomini armati, intorno alle 15, un blitz delle forze di sicurezza tunisine ha messo fine al sequestro. Il bilancio (non definitivo) dell’attacco al Bardo conta 21 vittime alle quali vanno aggiunti due assalitori: 18 erano turisti stranieri, si ritiene che 4 siano i morti italiani, 44 i feriti di cui 13 italiani.
Chi è stato?
Habib Hessid, primo ministro della Tunisia, ha confermato l’uccisione dei due assalitori: uno di loro si chiamava Yaasine Laabidi, era noto ai servizi di sicurezza ma non era affiliato a nessun gruppo terroristico, l’altro Hatem Khachnaoui.
Alcuni media tunisini ieri parlavano di un coinvolgimento dell’Isis. La notizia, però, non è stata confermata da alcuna rivendicazione: comparsi solo alcuni tweet che si riferivano all’attacco su account vicini allo Stato Islamico.
La fine della “primavera”
Il 4 gennaio 2011 la morte di Mohamed Bouazizi diede inizio alla “primavera” araba: i tunisini scesero in piazza e accompagnarono Ben Ali alla porta. Da allora, la “rivoluzione dei gelsomini” ha dovuto costantemente affermarsi contro il pericolo di una deriva integralista.
Nel gennaio 2014 sembrava che la crisi fosse ormai alle spalle grazie alla nuova Costituzione e al nuovo governo, risultato dell’accordo tra laici e islamisti. Il The Economist nominò la Tunisia “paese dell’anno”. Tuttavia, l’attacco di ieri il paese ha ridimensionato drammaticamente le speranze riguardanti il processo di normalizzazione.
Non solo Isis, soprattutto Isis
Fino a ieri la Tunisia era ritenuta il paese arabo con il sistema politico più stabile e democratico di tutto il mondo arabo. Preoccupata per i contraccolpi che avrebbe potuto subire il settore turistico (12% del PIL nazionale), ultimamente, il ministro degli Esteri Selma Alluni Rekik, all’Ansa, aveva dichiarato “i nostri confini sono impermeabili a ogni infiltrazione terroristica”. Ieri, contestualmente all’attacco, in Parlamento si discuteva una legge anti-terrorismo.
In Tunisia vengono svolte da tempo operazioni volte a contrastare la brigata Akba Ibn Nafaa, legata ad Al Qaeda del Maghreb (AQIM), presente in particolare nelle zone del paese confinanti con l’Algeria. Inoltre, non si conosce bene il numero di tunisini che si sono uniti alle formazioni jihadiste libiche vicine all’Isis ma si sa che ci sono.
A tal proposito, scrive su Il Foglio Daniele Raineri, “se la leadership dello Stato Islamico ha cooptato i leader tunisini, c’è una ragione in più per temere che l’esperimento democratico e islamico tunisino sia sotto attacco dei jihadisti che lo considerano come una blasfemia da riparare”