Attacchi terroristici Yemen: nuovo fronte della guerra tra sciiti e sunniti

Pubblicato il 21 Marzo 2015 alle 13:36 Autore: Piergiuseppe Parisi

Attacchi terroristici Yemen: non sono passate nemmeno 48 ore dagli attentati di Tunisi, che una nuova ondata di attacchi terroristici colpisce, questa volta, lo Yemen. Due moschee a Sana’a, stracolme di fedeli, nel giorno della preghiera, il venerdì. Nelle stesse ore, altre due autobombe esplodono a Sa’dah. Il bilancio dei morti è raccapricciante. Le cifre si aggirano intorno ai 150 morti e 350 feriti. Ma cosa importa? Sarebbe cambiato qualcosa fossero state 137, come altre fonti rilevano?

Attacchi terroristici Yemen: il contesto

Circa due mesi fa, il Paese era stato teatro di un colpo di stato, portato avanti dai ribelli Huthi, un gruppo armato sciita zaydita, che aveva costretto il governo di Abdu Mansour Hadi a rassegnare le dimissioni. Sin da allora, si erano andati diffondendo timori che i disordini e l’instabilità avrebbero costituito terreno fertile per l’avanzata di gruppi terroristici, prima fra tutti al-Quaeda, già fortemente radicata in Yemen. Ma su tutti, torreggiava lo spettro dello Stato Islamico, che pare aver rivendicato la paternità degli attacchi terroristici di ieri.

Mappa dello Yemen (da La Repubblica.it)

I dubbi sulle rivendicazioni

Ciononostante, la Casa Bianca non è convinta delle rivendicazioni del califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, e fonti dell’intelligence statunitense sospettano che queste abbiano solo scopi propagandistici. Nondimeno, nelle ultime settimana la propaganda dello Stato Islamico sembra riscuotere un certo successo tra i movimenti quaedisti della penisola arabica.

Gli attentati

Quanto è accaduto non richiede di arzigogolate spiegazioni. Pare che degli individui armati di cintura esplosiva si siano fatti esplodere all’interno e all’esterno delle moschee di Badr e Hashoush a Sana’a, colpendo tanto i fedeli in preghiera quanto quelli che, successivamente alla prima detonazione, si siano riversati in fuga al di fuori della moschea Hashoush. Il risultato: un massacro. Nell’attentato, riferiscono fonti yemenite, avrebbero perso la vita lo sceicco Murtaza al-Mahturi, una guida spirituale delle tribù Huthi, e un gran numero di fedeli, tra cui parecchi bambini. L’attentato avrebbe lasciato feriti 350 persone, inclusi due dirigenti, Taha al-Mutawakkil e Khaled al-Madani.

Negli stessi istanti, a Sa’dah, un altro attentatore entrava in azione contro un compound governativo, uccidendo una quindicina di persone. Infine, un ultimo terrorista veniva fermato, prima che potesse agire.

Ma non è tutto. Mentre gli attentatori seminavano morte, il palazzo dove risiede il presidente Abdu Mansour Hadi, ad Aden, veniva bombardato da velivoli non identificati. Il presidente deposto è rimasto illeso.

I timori della comunità internazionale e il problema della guerra settaria

Sebbene sia ancora incerta la paternità degli attentati e dei bombardamenti sulla residenza presidenziale, la diplomazia internazionale esprime il suo timore che lo Yemen possa diventare una nuova roccaforte per il terrorismo internazionale.

Eppure, la preoccupazione più grande dovrebbe essere che il paese cada in preda ad una guerra settaria, tra sciiti e sunniti, laddove, guardando con più attenzione al panorama internazionale, la frangia sciita sembra essere sempre più chiaramente l’interlocutore privilegiato dalle così dette democrazie occidentali, nella guerra contro lo Stato Islamico.

Nel solco di questa interpretazione, non può non sottolinearsi, da un lato, il riavvicinamento tra gli Stati Uniti e l’Iran, quest’ultimo chiaro sostenitore delle componenti sciite nel Medio Oriente. Proprio ieri, Al-Jazeera avrebbe riferito di un carico di 180 tonnellate di armi scaricate da una nave iraniana in un porto dello Yemen controllato dagli sciiti. Dall’altro lato, non dovrebbe sottovalutarsi la retorica del califfato di al-Baghdadi, che facendo perno sul ruolo privilegiato che gli sciiti stanno assumendo nei rapporti con l’Occidente, cerca di raccogliere consensi tra la frangia sunnita, sbandierando lo slogan dell’anti-imperialismo.

Questa contrapposizione rischia di gettare lo Yemen in un caos, dove i fedeli, civili inermi, sono diventati, a partire da venerdì, le vittime del terrorismo. La religione, d’altra parte, è solo un pretesto, uno “specchio per le allodole”, in grado di distogliere lo sguardo poco acuto delle potenze occidentali dal vero problema.