D’Alema, l’affondo anti-Renzi è un boomerang, Fassina: “Si faccia da parte”
In attesa dei prossimi delicati passaggi parlamentari legati alla riforma istituzionale e alla legge elettorale, ancora è forte l’eco della sferzata che Massimo D’Alema ha lanciato a Matteo Renzi. Ma se quest’ultimo ha liquidato l’ex segretario dei Democratici di Sinistra bollandolo ironicamente come una “vecchia gloria del wrestling”, non poche sono state le reazioni arrivate da altri esponenti di primo piano del Partito Democratico.
Cuperlo, Orfini, gli ex dalemiani contro il loro padrino politico
Come rileva un articolo dell’Huffington Post, particolarmente curioso è il fatto che alcuni tra i giudizi più critici nei confronti delle parole di D’Alema sono giunti da personalità a lui saldamente legate in precedenza. A partire da Matteo Orfini, cresciuto politicamente all’ombra di D’Alema per poi diventare il traghettatore dei Giovani Turchi nelle sicure acque renziane, ricevendone in cambio l’incarico di Presidente del partito. “Dispiace che dirigenti importanti per la storia della sinistra usino toni degni di una rissa da bar”, aveva scritto Orfini sul suo profilo twitter. Non meno morbidi sono stati però i commenti di Nicola Latorre – anch’egli un tempo dalemiano di ferro – che ha parlato di “presunzione di superiorità”, e di Claudio Velardi – comunista pentito e spin doctor di D’Alema quando quest’ultimo era Presidente del Consiglio – che parla addirittura di una vicenda da psicanalisi.
Nel frattempo, però, la sinistra Pd affila le armi. La minoranza dem, che ha minacciato di votare contro la legge elettorale, si prepara a scendere in piazza sabato prossimo, insieme alla Fiom, per protestare contro quel tanto discusso jobs act, che costituisce un altro terreno di scontro con la maggioranza del partito. E, in tal senso, la funzione dell’affondo di D’Alema è stata proprio quella di spingere le opposizioni interne al Pd verso una prospettiva unitaria, in vista di una possibile uscita in blocco da un partito di cui l’ex premier disapprova la gestione “arrogante”. Tuttavia, il capogruppo dei democratici alla Camera Roberto Speranza (bersaniano soft) giura che il rischio scissione di fatto non sussiste.
Fassina: “D’Alema si faccia da parte”
Stefano Fassina, dissidente della prima ora, parla a Repubblica di Renzi come “il frutto degli errori di coloro che hanno avuto le maggiori responsabilità nel Pd, nel Pds, nei Ds e nei governi di centrosinistra. La sua linea – prosegue Fassina – allontana il partito dagli interessi che dovrebbe rappresentare”. Ma per guardare all’alternativa, sostiene Fassina, è necessario che più di qualcuno abbia il coraggio di fare un passo indietro: “D’Alema, ma anche Bersani, devono comprendere che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda e di classe dirigente”.
Un colpo basso per D’Alema, che – parlando alla platea definendosi orgogliosamente extraparlamentare – sperava di poter suscitare uno scatto di orgoglio e magari di porsi a guida (seppur indirettamente) di un nuovo progetto politico, per il quale è già pronto il nome: Alternativa per la rinascita della sinistra. La proposta, però, non solo non ha suscitato affatto l’entusiasmo sperato, rivelandosi anzi come una sorta di boomerang, come emerge dalle parole di Stefano Fassina, il quale – fino a poco tempo fa – non avrebbe mai osato dire a D’Alema di farsi da parte. Ma si sa, i tempi cambiano. In politica soprattutto.
Bindi sta con D’Alema: “Fermare Italicum e riforme”
“Se non fermiamo questa riforma elettorale e costituzionale, l’evoluzione più probabile è la mutazione genetica del Pd in partito della nazione. E, inevitabilmente, nascerà una nuova forza a sinistra”. È la previsione che fa Rosy Bindi, esponente della minoranza Pd, in un’intervista al Corriere della Sera. “Renzi – aggiunge – sta facendo riforme che in passato altri non sono riusciti a fare, ma non può ignorare che in molti stanno lasciando il Pd. Ci sono provvedimenti che, se ci fossero stati proposti da altri governi, avrebbero avuto la nostra netta opposizione. Penso alla responsabilità civile dei giudici, al Jobs act – prosegue – Io all’opposizione? Non ho mai votato contro, ma non mi dispiace essere definita così. Non ci siamo astenuti su dettagli ma su provvedimenti che sono l’ossatura del Paese”. E la minoranza Pd? “Non può limitarsi a non partecipare al voto ma elaborare un progetto e proporlo al Parlamento. Deve bloccare queste riforme che rischiano di far nascere un partito non di centrosinistra, ma pigliatutto”.