Boicottaggio Israele: nessuna cooperazione sui Diritti Umani

Pubblicato il 25 Marzo 2015 alle 12:13 Autore: Piergiuseppe Parisi

Boicottaggio Israele: era fissata per ieri, Lunedì 23 marzo, la discussione circa la situazione nei Territori Palestinesi Occupati presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, durante la quale il Consiglio avrebbe sentito in contraddittorio il Relatore Speciale sui Territori Palestinesi Occupati, la Commissione di Inchiesta sulla guerra di Gaza (2014), il Segretario Generale e l’Alto Commissario per la Situazione dei Diritti Umani in Palestina e gli Altri Territori Arabi Occupati.

La sessione del Consiglio per i Diritti Umani

E così è stato. Ma in assenza di una parte interessata alla discussione: Israele. Nessun rappresentante dello Stato di Israele era, infatti, presente alla discussione.

E proprio le brutali modalità di conduzione delle ostilità nella Striscia di Gaza da parte di Israele, nel corso del conflitto della scorsa estate, sono state uno dei principali oggetti di discussione durante la sessione di ieri.

Analogamente, si è affrontato il problema delle pesanti ripercussioni sull’economia della Striscia, e le devastanti condizioni di vita imposte ai suoi abitanti, al punto da dubitare che l’area possa risultare vivibile da qui a cinque anni.

Varie delegazioni, nel dibattito successivo, hanno sottolineato l’estensione degli attacchi indiscriminati di Israele sui Territori Palestinesi.

Boicottaggio israele

L’offensiva su Gaza

L’offensiva dello scorso luglio, si ricorda, ha causato 2256 morti tra i palestinesi, la maggior parte civili, tra i quali un elevato numero di bambini, e 73 morti israeliani, prevalentemente soldati. Le delegazioni intervenienti hanno anche posto l’accento sugli 8000 minori arrestati in Cisgiordania, e perseguiti dalle corti militari israeliane.

Le strategia di Israele

La strategia di Israele, come sembra aver affermato una fonte vicina al Consiglio, andrebbe interpretata come un boicottaggio della sessione di ieri. D’altro canto, essa ben si concilierebbe con la politica di non-cooperazione posta in essere dallo Stato di Israele nei confronti, in particolare, dell’ultima commissione di inchiesta su Gaza.

Risale a meno di due mesi fa, infatti, la decisione del professor William A. Schabas di rassegnare le proprie dimissioni da Presidente della Commissione, essendo stato accusato di scarsa imparzialità, a causa di una consulenza legale a titolo oneroso che aveva prestato a favore dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina nel 2009. Motivazione, si ritiene, piuttosto futile per sospettare che possa generare un conflitto di interessi.

Ma non si tratta dell’unico episodio sintomatico dell’atteggiamento di Israele, che, oltre ad aver negato ogni tipo di cooperazione alla Commissione, ne avrebbe auspicato la dissoluzione, proprio a seguito delle suddette dimissioni.

D’altra parte, le recenti dichiarazioni di Netanyahu, alla viglia delle elezioni, sebbene ritrattate dallo stesso neo-Primo Ministro, non lasciano dubbi su quelle che sono le vere intenzioni di Israele nei confronti della c.d. questione palestinese.